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No tax area, un terzo degli studenti esentato dalle tasse nell’a.a.2017-2018

da | Dic 2017 | News | 0 commenti

Con l’introduzione della no tax area uno studente su tre ha beneficiato dell’esonero dal pagamento delle tasse universitarie. La fascia di esenzione totale ha debuttato in questo anno accademico, essendo stata inserita nella legge di stabilità 2017, e ci è rientrata una cospicua fetta degli studenti. Questo nonostante i criteri, non certo ampi, stabiliti per potervi accedere. Il successo della no tax area prova quanto per le famiglie italiane sia difficile riemergere dalla crisi, malgrado il miglioramento degli indicatori economici. E dimostra quanto una misura del genere fosse necessaria per riportare i giovani nelle aule universitarie.

Con la no tax area aumentano le iscrizioni

L’esonero dalle tasse universitarie era parte di un provvedimento più ampio, denominato Student Act. La soglia ISEE fissata per poter essere inclusi nella fascia di esenzione è pari a 13mila euro e dal secondo anno di corso di in poi sono previsti anche dei criteri di merito per poter continuare a godere del beneficio. In particolare, occorre totalizzare almeno un certo numero di crediti formativi universitari (CFU) e non superare il primo anno fuori corso. Ad oggi si stima che circa 600mila studenti abbiano le carte in regola per essere inseriti nella no tax area e pagare per quest’anno accademico la sola tassa regionale per il diritto allo studio.

La possibilità di andare all’università quasi gratis sembra aver convinto molti che altrimenti non si sarebbero iscritti a cambiare idea. Alla Statale di Milano, ad esempio, si è registrato un +5 per cento di immatricolazioni. Stesso saldo positivo anche per l’Università di Firenze.

Dubbi sulla sostenibilità economica della misura

Non sono, però, tutte rose e fiori: resta il problema delle risorse. Perché, se da un lato è indiscutibile che l’introduzione della no tax area abbia apportato un grande beneficio alle famiglie degli studenti meno abbienti, d’altra parte è anche vero che i 55 milioni previsti per coprire le perdite economiche per gli atenei non sono stati aggiunti alla dotazione del fondo di finanziamento ordinario, bensì scorporati dallo stesso. Insomma, i mancati introiti saranno compensati con parte delle risorse che sarebbero comunque spettate alle università pubbliche. La misura che dà ossigeno agli studenti, insomma, rischia di toglierne un po’ agli atenei. I cui conti non sono propriamente floridi.

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