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Finanziamenti alle università, la Consulta boccia i “costi standard”

da | Mag 2017 | News | 0 commenti

Si torna a discutere di “costi standard” e Fondo di finanziamento ordinario (Ffo). Questa volta a riportare in primo piano il criterio che progressivamente avrebbe dovuto sostituire quello della “spesa storica” per la ripartizione delle risorse stanziate annualmente dal governo per le università statali è la Corte Costituzionale. La Consulta, con la sentenza n. 104/2017, ha infatti giudicato incostituzionali gli articoli 8 e 10 del decreto legislativo n. 49 del 2012, con il quale è con la quale è stato introdotto tale parametro nel sistema di suddivisione dell’Ffo. A interpellare la Corte è stato il Tar del Lazio, al quale si era rivolta l’Università degli Studi di Macerata, che si riteneva lesa da tale novità.

I costi standard hanno fatto la loro comparsa con l’arcinota e assai contestata legge n. 240/2010, la famigerata riforma Gelmini. Essi rappresentano la spesa sostenuta da ciascun ateneo per ogni singolo iscritto, esclusi i fuori corso, e tengono conto – tra gli altri fattori – della spesa per la didattica (la retribuzione di docenti e ricercatori), per il personale amministrativo, dei costi fissi di gestione delle strutture universitarie, del numero degli studenti e della tipologia di corsi di studio da essi frequentati e della regione in cui ha sede l’ateneo. Più alte sono le spese sostenute, maggiore sarà la quota di finanziamento spettante.

I costi standard sono stati effettivamente applicati a partire dal 2014, anno nel quale con apposito decreto ne sono state stabilite le modalità di calcolo. La quota di Ffo ripartita secondo tale criterio era all’epoca del 20 per cento. L’anno successivo è salita al 25 per cento e nel 2016 al 28, con l’obiettivo di arrivare al 100 per cento nel 2018. Il compito di emanare il decreto sarebbe, tuttavia, spettato al governo, com’era stabilito nella legge n. 240/2010, ma il governo Monti, con il d.lgs 49/2012, l’aveva demandato al MIUR. Proprio questo aspetto è stato contestato dalla Corte Costituzionale, che ha ravvisato una violazione dell’art. 76 della Costituzione.

Per il momento, quindi, scatta il dietrofront obbligatorio sui costi standard. Adesso spetterà al governo intervenire, com’era previsto nella delega originaria. Questo significa che gli atenei più penalizzati dall’adozione di questo criterio di ripartizione dell’Ffo potranno ottenere maggiori risorse, mentre per quelli che hanno visto crescere le proprie dotazioni finanziarie proprio grazie a questo parametro, le cose andranno esattamente all’opposto. Per quanto al momento la questione possa apparire molto tecnica, dunque, non mancherà di avere un impatto importante sull’intero sistema delle università pubbliche.

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