E se i tumori potessero diventare come tante altre malattie con le quali abbiamo imparato a convivere? Questa è la direzione nella quale si stanno muovendo gli scienziati della Tuft Usniversity School of Medicine di Boston, da qualche tempo al lavoro su una terapia per cronicizzare il cancro. Gli studiosi americano hanno recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Science Translational Medicine, nel quale si dimostra come sia possibile somministrare dosi più basse di chemioterapia per periodi prolungati, per tenere le cellule tumorali sotto controllo, invece di puntare alla loro totale eliminazione attraverso dosaggi massicci che, tuttavia, spesso sono mal tollerati (e che non escludono il rischio di recidive).
In sostanza, il vantaggio di cronicizzare il cancro sarebbe quello di poter modulare e adattare la terapia nel tempo, facendo in modo che la proliferazione delle cellule tumorali sia sotto controllo a lungo termine.
Lo studio degli scienziati statunitensi si è basato su cavie da laboratorio affette da due tipi di carcinoma mammario. Il team guidato da Giannoula L. Klement ha somministrato al gruppo di topi un farmaco chemioterapico molto comune, il paclitaxel, sottoponendo una parte degli animali alla terapia standard (dosi elevate per un tempo breve) e l’altra alla terapia “adattiva” per cronicizzare il cancro. Nel primo caso il farmaco è riuscito a diminuire le dimensioni del tumore, ma terminato il ciclo di cure la proliferazione delle cellule maligne è ricominciata. Nel secondo, invece, le dosi del farmaco – inizialmente elevate – sono state gradualmente diminuite, ma il trattamento è stato prolungato, con il risultato che il periodo di tempo nel quale si è tenuto sotto controllo il rischio di recidive si è sensibilmente ampliato.
Giannoula L. Klement ha spiegato che il vantaggio è quello di poter elaborare la terapia “gradualmente sulla base della risposta che si ottiene ai primi trattamenti”. L’obiettivo è quello di stabilizzare la massa tumorale, invece di eliminarla, anche perché spesso il trattamento standard incide negativamente anche sulle cellule sane. Prolungando nel tempo le cure, inoltre, si aumenterebbe la speranza che frattanto si giunga a terapie ancora più efficaci, che consentano di eliminare la malattia e di azzerare il rischio di recidive.