Con meno iscritti all’università, con ancora troppo pochi laureati, con una popolazione scolastica in calo e un’età media in costante aumento. Non è roseo il ritratto che l’annuario Istat 2014 fa dell’Italia. L’Istituto nazionale di statistica come ogni anno segnala pregi e difetti del Paese in un rapporto che lo descrive a 360 gradi. Anche per il 2014 l’Italia si mostra come un malato che fatica a riprendersi, prigioniera di una crisi dalla quale non riesce ancora ad uscire e con i giovani che perdono sempre più fiducia nell’istruzione e non credono più ai vantaggi che essa dovrebbe portare.
Così, dice l’annuario Istat 2014, se nell’anno accademico 2003-2004 i diplomati che si immatricolarono all’università furono il 72,6 per cento, a distanza di 10 anni si è scesi al 55,7. Un crollo verticale, che ha interessato soprattutto le regioni del Sud, mentre nel Nord-Ovest e nel Centro la percentuale – pur ridottasi rispetto al valore di riferimento – si è attestata al 60,2. Crescono, però, i diplomati arrivando a sfiorare il 30 per cento della popolazione, confermando un trend positivo lieve ma costante. Ma il diploma sembra bastare, visto che la quota dei laureati si ferma al 12,3 per cento.
In generale, l’annuario Istat 2014 evidenzia un decremento della popolazione scolastica di 17.500 unità nell’anno scolastico 2012-2013 rispetto al precedente. Gli stranieri rappresentano il 9 per cento degli studenti di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo e secondo grado, attestandosi a 787mila. La loro presenza è forte soprattutto nelle scuole del primo ciclo (infanzia e primaria) e soprattutto al Nord, mentre nelle regioni meridionali è molto meno marcata.
Secondo l’annuario Istat 2014, a scegliere di proseguire gli studi dopo il diploma sono soprattutto coloro che hanno frequentato i licei (60 per cento circa), mentre i meno motivati a iscriversi all’università sono coloro che hanno alle spalle un percorso di studi professionale (6,7 per cento). Nel 2012 il numero di quanti sono arrivati alla laurea è stato di 297mila, con un calo di 1.400 “dottori” rispetto al 2011. E la laurea si conferma sempre più rosa: non solo le ragazze sono più propense ad immatricolarsi a un corso di studi terziario (62 per cento contro il 50 per cento dei maschi), ma rappresentano la quota più sostanziosa di laureati di I livello e II livello tra la popolazione venticinquenne (rispettivamente 37,6 e 24,1 per cento contro il 25,2 e il 15,7 per cento dei ragazzi).
A rendere ancora più difficile la situazione del Paese, che già arranca nelle classifiche per numero di “dottori”, c’è anche l’aumento dell’indice di vecchiaia, cioè il rapporto tra la popolazione ultra sessantacinquenne e quella al di sotto dei 14 anni, che nel 2013 ha raggiunto il 151,4 per cento, aumentando di 2,8 punti rispetto al gennaio 2012, dato che ci pone al secondo posto in Europa, dopo la Germania, tra i paesi più anziani. Sale anche il tasso di disoccupazione, che si attesta al 12,2 per cento e pure quello di inattività, che tocca il 36,5. Il numero degli occupati, invece, è calato del 2,1 per cento rispetto al 2012.