Dei ricercatori italiani sappiamo che sono per lo più precari e che debbono fare spesso i conti con la mancanza di risorse e strutture, eppure questi svantaggi non impediscono loro di brillare a livello internazionale. L’ultima prova del valore dei cervelli nostrani arriva dal bando “Starting grant” dell’Unione Europea, che ha selezionato ben 28 progetti presentati da nostri connazionali, ritenendoli meritevoli di finanziamento. Questo ha regalato all’Italia il terzo posto nella top ten dei paesi UE, ma è una magra consolazione. Sì, perché solo una decina dei ricercatori in questione useranno i fondi ricevuti per fare ricerca entro i confini nazionali, mentre gli altri hanno già le valigie pronte.
Il programma “Starting grant” è stato pensato per sostenere giovani ricercatori promettenti, con un bagaglio di esperienza post dottorato compreso tra i due e i sette anni. Rispetto al numero di progetti finanziati, solo Germania (68 progetti vincitori) e Francia (36) hanno fatto meglio del nostro Paese, che ancora una volta dimostra di essere una fucina di talenti. Talenti che, però, non sa coltivare e sfruttare, visto che la maggioranza dei ricercatori italiani premiati con una quota dei 485 milioni stanziati complessivamente per il programma “Starting grant” hanno deciso di svolgere il proprio lavoro all’estero. Le mete preferite? Inghilterra e Germania.
Quanto al nostro Paese, invece, l’attrattività nei confronti di studiosi stranieri rimane una chimera. Così, mentre i ricercatori italiani cedono al richiamo delle sirene straniere, dall’estero quasi nessuno si trasferisce qui da noi per portare avanti il proprio lavoro. Su 328 ricercatori vincitori del bando, solo uno dei non italiani ha deciso di usare il proprio finanziamento per svolgere il proprio studio nel Bel Paese. Il problema, infatti, non è tanto la mobilità dei nostri cervelli, quanto il fatto che alle “uscite” non corrispondano altrettanti “ingressi”.
Il totale dei progetti del bando “Strating grant” che sarà portato avanti in Italia ammonta solo a 11, mentre Germania, Regno Unito e Francia ci surclassano letteralmente, rispettivamente con 70, 55 e 43 progetti, e perfino la Spagna ci “doppia”, raggiungendo quota 20. In un mondo in cui ricerca, sviluppo e innovazione assumono un ruolo sempre più determinante per la crescita e il benessere economico, forse varrebbe la pena di avviare una riflessione più seria su questi dati e incentivare i ricercatori italiani a rimanere di più in patria, provando anche ad accaparrarsi qualcuno dei migliori talenti stranieri.