Tempi duri per gli architetti: l’ultimo rapporto sulla loro condizione mostra una riduzione del 40 per cento dei guadagni negli ultimi sei anni. Sarà anche per questo che nell’ultimo quinquennio si è registrata una vera e propria fuga degli studenti da Architettura, al punto che c’è da chiedersi quanto serva ancora il numero programmato a livello nazionale.
Colpa della crisi, certo, che mette a dura prova anche i professionisti e, visto che il mercato del mattone tira sempre di meno, si ripercuote sugli architetti più duramente che su altre categorie. Così, il reddito medio si attesta ormai a 17mila euro, mentre nel 2008 arrivava a oltre 28mila euro. E la professione diventa sempre meno appetibile per i giovani.
Questi sconfortanti dati arrivano dal IV rapporto sulla professione dell’architetto a cura del Cresme e del Consiglio nazionale. Dal documento emerge che a pesare sugli architetti italiani sono anche i ritardi nei pagamenti da parte di committenti sia pubblici che privati. Per ricevere il compenso dovuto dalla Pubblica amministrazione mediamente ci vogliono 217 giorni, che scendono a 114 se il creditore è un’impresa e a 98 se si tratta di famiglie. Di conseguenza, sempre più spesso i professionisti sono costretti a indebitarsi (il 57 per cento di loro ha un passivo nei confronti di banche o fornitori o società finanziarie).
La fuga degli studenti da Architettura ha radici in tutti questi fenomeni, ma anche nel fatto che le prospettive dei professionisti nostrani sono confinate a orizzonti molto limitati. Se molti di loro sognano l’estero, più del 25 per cento “continua a non andare oltre l’ambito territoriale comunale, il 35 per cento si ferma ai confini della provincia, il 18 per cento è attivo in ambito regionale e solo il 12 per cento lavora al livello interregionale”, spiega il rapporto.
Parlare di fuga da Architettura non è affatto esagerato. Negli ultimi cinque anni le immatricolazioni ai corsi di laurea che preparano alla professione sono andate in caduta libera, facendo registrare il -51 per cento, complice anche il fatto che nel 2013 il tasso di disoccupazione tra i laureati di quest’area sia arrivato al 28,7 per cento e che il reddito medio mensile a cinque anni dal conseguimento del titolo si attesti a 1.200 euro. Il tutto, condito anche da una sproporzione tra i generi in termini di guadagni. Se negli ultimi anni il maggior numero di laureate è stato di sesso femminile, nel mondo lavoro i maschi hanno introiti del 60 per cento superiori.