I job meeting si moltiplicano sul territorio nazionale, ma sono davvero utili? Quando si scopre che il curriculum appena lasciato allo stand di un’azienda è finito dritto nella spazzatura, verrebbe da rispondere di no. O, per lo meno, la loro utilità è ristretta a un gruppo ben preciso di lauree.
Questo tipo di manifestazioni diventano sempre più numerose e attraggono un numero crescente di laureandi, neolaureati e giovani diplomati in cerca di un lavoro. Perché con la crisi diventa sempre più difficile anche solo entrare in contatto con le aziende, mentre in questo tipo di eventi è possibile avere un approccio diretto, lasciare il proprio curriculum e, in alcuni casi, fare perfino un breve colloquio conoscitivo. Insomma, in un quadro quasi disperato – la disoccupazione giovanile ha sforato quota 44 per cento – i job meeting rappresentano, almeno idealmente, un’opportunità concreta di farsi conoscere. Di conseguenza, il loro successo aumenta sempre più.
Ma la storia raccontata ieri dal blog “La nuvola del lavoro” de Il Corriere della Sera, che quotidianamente racconta le tribolazioni della generazione più precaria e disoccupata di sempre, invita a riflettere su questo genere di iniziative e lascia un po’ di amaro in bocca. I fatti descritti si riferiscono al job meeting tenutosi nella giornata di ieri a Napoli, presso la Facoltà di Ingegneria della Federico II. Stando alla denuncia di una neolaureata (R., napoletana di 29 anni) che ha preso parte alla manifestazione, documentata con tanto di prova fotografica, i curricula lasciati agli stand delle aziende in alcuni casi finiscono nei più vicini cestini della spazzatura.
L’amarezza di chi sperava non certo di trovare lavoro, ma per lo meno di vedersi riconosciuto lo sforzo di aver svolto una lunga e spesso difficile formazione è tanta: “Questo evento si è rilevato non solo una grande perdita di tempo, ma anche una grande delusione, e non di certo perché le persone si aspettassero che gli stand regalassero contratti, ma perché la metà di chi ha preso parte, sperava di avere la rilevanza che il proprio titolo di studio merita”, scrive la giovane.
I più penalizzati in questi eventi sono quelli che hanno alle spalle una formazione umanistica. Il curriculum di un laureato in Lettere o in Pedagogia ha molte più probabilità di finire nella spazzatura rispetto a quello di un laureato in Ingegneria. Ma allora, si chiede R., perché dire che i job meeting sono aperti a tutti i profili, se poi le aziende ne cercano solo alcuni? E quale futuro c’è per chi ha intrapreso un percorso di studi che non rientra tra quelli delle aree tecnico-scientifica, sanitaria o economica? La loro laurea è carta straccia? Questi giovani dovranno rassegnarsi alla disoccupazione permanente? E non c’è proprio nulla che possano fare in un’azienda? Tutte queste domande emergono tra le righe del messaggio di R. e interrogano tutti noi.