Più vicina al mondo del lavoro, così dovrebbe essere l’università italiana del futuro per il ministro Stefania Giannini. Intervenendo a un incontro internazionale su formazione terziaria e impresa promosso, tra gli altri, dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e dalla Commissione europea, il ministro ha dichiarato che “il ruolo e la missione delle università sono cambiati”, pertanto, occorre “trovare collegamenti con il mondo imprenditoriale, dell’industria e della produzione, che sono il cuore dell’economia europea”.
Per rendere effettivamente l’università più vicina al mondo del lavoro, Stefania Giannini ha intenzione di proporre tre direttive durante il semestre italiano di presidenza dell’Unione europea, finalizzate a “collegare istruzione teorica, missione delle università e bisogni del mondo economico”. Per prima cosa, ha sottolineato il ministro, occorre incentivare i dottorati nelle imprese, favorendo un ruolo più attivo da parte di queste ultime, le quali dovrebbero partecipare “attivamente alla formazione degli studenti”, perché nei casi in cui ciò già avviene si tratta di una “cooperazione molto fruttuosa”.
Secondo la Giannini, bisognerebbe anche superare – soprattutto in Italia – l’idea secondo la quale il dottorato è solo un primo passo per intraprendere la carriera accademica, e iniziare a considerarlo un’occasione per aprirsi un brillante futuro professionale anche al di fuori dell’università. E anche i ricercatori non dovrebbero solo puntare a pubblicare articoli su riviste più o meno prestigiose, ma “dedicare tempo alla ricerca applicata e lavorare con le imprese per aiutare gli studenti a essere vicini a questo mondo”. In questo senso, spiega il ministro, “occorre modificare il metodo di valutazione dei professori”.
Affinché l’università sia più vicina al mondo del lavoro, è necessario inoltre che si creino “ecosistemi in cui ricerca pubblica e imprese private interagiscono tra loro. In modo da dare nuove fondamenta alla crescita dell’Europa, basata su istruzione ricerca e innovazione”. Sulla stessa lunghezza d’onda c’è anche la CRUI che, per bocca del suo presidente Stefano Paleari, ha evidenziato che “se l’Europa vuole crescere dal punto di vista economico deve puntare sull’innovazione scientifica e sociale“, un obiettivo che si può realizzare solo se università e aziende collaborano in modo efficiente.