Orientamento universitario, questo sconosciuto. In Italia i neo diplomati sono lasciati praticamente soli nella scelta della facoltà alla quale immatricolarsi, con la conseguenza che una fetta consistente di loro – i dati più recenti parlano di oltre il 20 per cento – si pente e cambia corso di studi, oppure rimane sempre più indietro con gli esami, andando ad ingrossare le fila degli studenti fuori corso.
Spesso, in mancanza di adeguati servizi di orientamento offerti dalle scuole e dagli atenei, gli unici che potrebbero aiutare i giovani nella scelta della facoltà sono i genitori, ma nel 33 per cento dei casi questi ultimi non sono andati all’università (fonte AlmaLaurea) e non sono in grado di dare concretamente una mano ai propri figli. Quella del potenziamento dell’orientamento fu una delle battaglie principali del precedente ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, che ne voleva l’allargamento agli ultimi tre anni delle superiori. Il tema, tuttavia, non ha trovato spazio nella riforma della scuola annunciata dal governo nei giorni scorsi.
Mentre siamo nel pieno della fase delle immatricolazioni per l’anno accademico 2014-2015, i giovani diplomati si trovano ad affrontare una delle scelte più importanti, cioè quella della facoltà universitaria, senza una guida adeguata. E il rischio di ripensamenti è più che concreto, come lo è quello di finire fuori corso per mancanza di inclinazione e motivazione nei confronti del percorso di studi scelto. Anche il presidente di AlmaLaurea, Andrea Cammelli, ha recentemente sottolineato le carenze dell’orientamento, sottolineando che, sebbene il fenomeno del “fuoricorsismo” abbia conosciuto una contrazione rispetto al 2000, quando a laurearsi in tempo erano meno del 10 per cento degli studenti (mentre oggi siamo al 40), ancora molto c’è da fare e sono soprattutto le scuole a non svolgere il proprio compito in maniera efficiente.
Se poi si guarda agli atenei, accusa Gianluca Succimarra, coordinatore nazionale dell’Unione degli universitari (UDU), le cose vanno ancora peggio: “Troppo spesso l’orientamento viene concepito come lotta al reclutamento sfrenata da parte delle università. Ormai è più marketing che un aiuto ai ragazzi. Alcuni atenei, pur di accaparrarsi nuovi studenti, arrivano a organizzare delle truffe”. E a pagarne le spese sono coloro che compiono una sbagliata e poi si trovano a cambiare percorso anche due o tre volte, sprecando così anni preziosi della propria vita.