In Albania un terremoto scuote il mondo dell’Università e mette la metà degli atenei del paese a rischio chiusura. Il governo, infatti, sta preparando misure restrittive per punire quelle istituzioni che, secondo l’esecutivo, adotterebbero “schemi truffaldini” e non si atterrebbero ai criteri di affidabilità né dal punto di vista normativo né della programmazione educativa. Il sospetto principale è che la ragione di esistere di molte di esse sia esclusivamente la vendita di lauree e altri titoli accademici.
A far crescere i dubbi attorno a circa la metà degli atenei albanesi concorrono numerosi fattori. Il presidente Edi Rama, in particolare, ha sottolineato che il numero di università in Albania è – in rapporto alla popolazione – il più alto d’Europa, così come è stratosferico il numero di laureati stranieri (ben 900), a fronte del fatto che non esista alcun percorso di studi che sia erogato in tutto o in parte in lingue diverse dall’albanese.
Sulla base di queste evidenze, emerse al termine di una minuziosa indagine svolta dal ministero dell’Istruzione dell’Albania, si prospetta la chiusura di numerose università. In tutto, dovrebbero essere 17 gli atenei privati ai quali verrebbe ritirata la licenza, mentre per altri 13 si prospetterebbe la sospensione delle attività per almeno un anno. Nell’occhio del ciclone, però, non ci sono solo istituzioni private: anche 6 sedi distaccate di università pubbliche si avviano a dover chiudere i battenti.
Tra le università che rischiano la chiusura c’è anche la Kristal di Tirana, balzata agli onori delle cronache del nostro paese un paio di anni fa per aver rilasciato al figlio di Umberto Bossi, Renzo detto “il Trota”, una laurea in Gestione aziendale senza che questi avesse mai messo piede in Albania. L’ateneo, che ora potrebbe essere definitivamente costretto a cessare l’attività, era già stato sospeso per un anno a seguito delle indagini sulla compravendita di titoli accademici innescate dallo scandalo che ha avuto come protagonista il rampollo del Senatùr.
E i “futuri medici” che frequentano in Albania l’università (ma potremmo dire lo stesso di chi va in Romania…) per poi ritornare in Italia, ne vogliamo parlare? Chissà quante stragi di “malati” ci saranno in un futuro prossimo…