Individuato il funzionamento di un nuovo recettore, una proteina che funziona come una sorta di “interruttore”, legato all’insorgenza delle varie forme di distrofia. Ciò potrebbe condurre allo sviluppo di nuove terapie per la cura di questa patologia, caratterizzata da disordini cellulari di origine genetica e dall’alterazione nei meccanismi che controllano la rigenerazione dei tessuti muscolari. La scoperta – pubblicata su Pnas – va attribuita a un gruppo di ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche (Icb-Cnr) di Pozzuoli, dell’Università del Molise, del Karolinska Institutet di Stoccolma e dell’Università di Debrecen in Ungheria.
Stando agli studiosi, questo “interruttore” – il recettore dei cannabinoidi di tipo 1 noto come CB1 – si accenderebbe e si spegnerebbe selettivamente, determinando il controllo delle cellule che formano i muscoli. Ad attivare tale proteina diversi fattori, sia endogeni, cioè prodotti dallo stesso organismo, sia sintetizzati in laboratorio. Più precisamente, “l’effetto del CB1 – spiega Vincenzo Di Marzo, direttore Icb-Cnr e colui che ha guidato lo studio – è esercitato attraverso l’inibizione della funzione di altre proteine chiave per lo sviluppo muscolare, note come canali del potassio”.
“La possibilità di controllare farmacologicamente o geneticamente la funzione del recettore CB1 – aggiunge Di Marzo – apre la strada a nuove strategie terapeutiche per il trattamento di patologie che incidono sulla rigenerazione e sullo sviluppo delle cellule muscolari”, come appunto le varie forme di distrofia. Fino a ora, ovvero prima della scoperta di questo nuovo “interruttore”, non sono stati invece disponibili trattamenti farmacologici mirati, per cui non si è riusciti a fare abbastanza per contribuire al rallentamento del decorso delle distrofie muscolari.
Si accendono così nuove speranza per chi è affetto da distrofia e ogni giorno ha a che fare con tutti i deficit che può comportare. Ma l’individuazione di questo nuovo “interruttore” non è l’unica buona notizia per i malati: il mese scorso l’Agenzia Europea del Farmaco ha anche dato il via libera per l’approvazione di una nuova molecola per il trattamento della distrofia muscolare di Duchenne (DMD). Sicuramente, in assenza per il momento di una cura definitiva per questa patologia, si tratta di un grande passo avanti: “A distanza di trent’anni dalla scoperta del gene della distrofina – dichiara Filippo Buccella, presidente di Parent Project che si occupa del sostegno alla ricerca e ai pazienti – stiamo finalmente assistendo a un cambiamento nello scenario della malattia”.