La creatività non è solo un talento innato. Per diventare geni basta solo studiare la tecnica giusta, proprio come si fa con una qualsiasi altra materia. Partendo da questo presupposto, un team internazionale di trenta ricercatori – di cui dieci italiani – “sta cercando di porre le basi per questa nuova scienza, grazie alla quale un giorno – spiega Giovanni Emanuele Corazza, docente di Ingegneria a Bologna e coordinatore del progetto – potremo avere corsi specifici nelle scuole per sviluppare la creatività”.
Questa ricerca internazionale è stata cofinanziata dall’Unione Europea con 2,7 milioni di euro su un totale di 3,5 e vede la collaborazione anche di una grande agenzia di pubblicità e consulenza di Londra, oltre che di aziende che si occupano dello sviluppo di hardware per monitorare il cervello. Tra i partner c’è pure il Marconi Institute for creativity, che fa capo alla Fondazione Marconi. Avviato all’inizio dell’anno, lo studio dovrebbe concludersi nel 2016. L’obiettivo è confermare, per l’appunto, che la creatività non è solo un dono con cui si nasce, ma che geni si può anche diventare.
Attraverso lo sviluppo di una nuova apparecchiatura per il monitoraggio dell’attività cerebrale, questi ricercatori – tra cui ingegneri elettronici e delle telecomunicazioni, neuroscienziati e psicologi provenienti dall’Università di Bologna e da atenei spagnoli, austriaci e inglesi – stanno tentando di misurare la creatività e di definire una scala di valutazione. Questo per convalidare la tesi secondo cui per diventare geni basta solo studiare la tecnica giusta, convinti che “la creatività – aggiunge Corazza – è una disciplina al pari della matematica, con fondamenti comuni a tutti i settori”. In sostanza, una funzione cerebrale che può essere attivata e sviluppata.
Assieme al monitoraggio delle attività cerebrali, i ricercatori stanno prendendo in considerazione anche i profili cognitivi e le personalità dei soggetti assunti come “cavie” per lo studio (studenti dell’Università di Bologna iscritti a corsi di laurea magistrale in ambito tecnologico e artistico), per poi incrociarli con indagini statistiche. “Nelle persone che si posizionano ai vertici della scala – continua a spiegare Corazza – ci aspettiamo di trovare una forte connettività tra le varie parti del cervello, con una grande capacità di attivare concetti e trasferirli con una grande efficacia da una parte all’altra, con un’agilità che è opposta alla fissazione del pensiero”.