L’abilitazione scientifica nazionale per poter diventare professore associato o ordinario è da qualche tempo un punto dolente per il sistema universitario italiano. A livello internazionale, poi, il meccanismo adottato e le decisioni prese sono state contestatissime. Il culmine della figuraccia si è toccato con la lettera di richiesta di chiarimenti firmata da alcuni nomi importantissimi del mondo accademico mondiale. Il tutto mentre dal Tar arrivano le prime bocciature in merito a quanto stabilito dalle commissioni. E, col ministro Giannini promette di fare chiarezza sull’intero sistema, l’addio all’abilitazione nazionale è un’ipotesi che guadagna sempre maggiore credibilità.
Se dall’estero giungono commenti poco lusinghieri sull’abilitazione scientifica nazionale, sul fronte interno le cose non vanno meglio. Al MIUR è infatti giunta da poco la notizia che il Tar del Lazio ha accolto i ricorsi di ben quattro candidati che si erano visti negare la possibilità di diventare professori di prima o di seconda fascia nelle università italiane. Il tribunale amministrativo ha deciso che le prove sono da rifare entro sessanta giorni e sotto il giudizio di una commissione diversa, in attesa di quanto stabilirà il Consiglio di Stato.
Alla luce di tutto questo, il ministro Stefania Giannini è consapevole che l’abilitazione scientifica nazionale, introdotta dalla Gelmini per garantire alti livelli di competenze nei professori universitari, sia un sistema da rivedere. Il ministro in questi giorni ha promesso di fare chiarezza e ha ventilato una possibile “riapertura per l’accesso alla seconda tornata concorsuale”, ipotizzando per il futuro “un meccanismo semplice, in grado di dare garanzia di continuità”. Siamo vicini allo stop? Non è improbabile. “Non mi sento di garantire un terzo concorsone abilitante”, ha confessato la Giannini.
Non è certamente un punto che gioca a favore della sopravvivenza dell’abilitazione scientifica nazionale la lettera indirizzata al ministro Giannini e al premier Renzi da alcune delle autorità accademiche più importanti del mondo: dal Nobel per l’Economia Douglass North, all’ex direttore del Dipartimento di Economia di Harvard Jeffrey Williamson a molti altri, compresi importanti docenti della London School of Economics e di Oxford.
Il contenuto? Tredici righe fittissime di dubbi e interrogativi sulle modalità di svolgimento del concorso per l’abilitazione scientifica nazionale di Storia Economica, che ha visto la bocciatura di “candidati con un eccellente curriculum e ben noti fuori dall’Italia per le loro pubblicazioni, gli interventi a conferenze e seminari, gli articoli per importanti riviste e la collaborazione a progetti di ricerca internazionali” e l’abilitazione di altri “con un curriculum di ricerca assai limitato quanto a pubblicazioni internazionali”. Con un monito finale: questa “non è la direzione verso cui la storia economica italiana deve andare se vuole garantirsi il posto che le spetta all’avanguardia della ricerca”.