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“Chiudere gli atenei di Bari, Messina e Urbino”: la proposta shock del presidente della Regione Abruzzo

da | Ago 2013 | News | 1 commento

Sta suscitando non poche polemiche la proposta shock del presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, di chiudere le università di Bari, Messina e Urbino, considerate di qualità insufficiente e quindi solo delle spese inutili di cui si potrebbe fare a meno. La provocazione – come sembra andare molto di moda negli ultimi tempi – è arrivata tramite il social network Facebook, sulla scia di quanto scritto nei giorni scorsi sul Corriere della Sera da Francesco Giavazzi, che in un editoriale parlava di tagli alle spese possibili, citando anche le corporazioni universitarie.

“Anche io, come Giavazzi, crederò che il governo sia impegnato a ridurre le spese (per ridurre le tasse) quando Letta e Saccomanni si recheranno a Bari, Messina o Urbino – ha scritto sul proprio profilo il presidente della Regione Abruzzo – per spiegare che la chiusura di quelle tre Università (in fondo alla classifica dell’Anvur) è nell’interesse dei loro figli”. La presa di posizione di Gianni Chiodi sembra essere piuttosto decisa, d’altra parte per lui “non è frequentando una fabbrica delle illusioni che ci si costruisce un futuro”.

Nel motivare la sua proposta di chiudere gli atenei di Bari, Messina e Urbino, il presidente della Regione Abruzzo ha pure fatto un esempio tutto statunitense, raccontando che “anche un obamiano di ferro qualche tempo fa ha chiuso una cinquantina di scuole pubbliche scadenti. Si deve favorire un percorso di imitazione in senso qualitativo“. Invece, nel nostro Paese, secondo Chiodi, “la scadente qualità continua ad essere tollerata, se non perseguita per altri fini: baronie, posti di lavoro assistenziali che alla lunga peggiorano il sistema”.

A seguito della provocatoria proposta, non sono tardate le reazioni indignate dei rettori delle università prese di mira dal presidente Chiodi. Dall’Università di Bari Corrado Petrocelli, ad esempio, ha invitato a non soffermarsi esclusivamente sui giudizi forniti dalle – peraltro ampiamente contestate – classifiche dell’Anvur, guardando piuttosto alla qualità dei docenti e dei laureati. Secondo il rettore dell’Aldo Moro quella di Chiodi, infatti, è solo “una visione strumentale nel momento delle iscrizioni”.

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giuseppedn
giuseppedn
11 anni fa

Francesco Giavazzi da tempo dipinge nei suoi editoriali un’Italia immaginaria, dove traboccano professori universitari e atenei, per di più quasi gratuiti. La realtà delle statistiche OCSE è che siamo penultimi nell’OCSE ed ultimi in Europa come laureati nella fascia 25-34 anni e quart’ultimi tra i paesi OCSE come rapporto studenti/docenti, mentre siamo terzi in Europa come tasse universitarie. Oltre che essere poco informato sulla realtà dell’università italiana, Giavazzi si è documentato poco anche sulle classifiche che cita. Infatti, la stessa ANVUR, dopo aver pubblicato una classifica sul suo sito ed averne diffusa alla stampa un’altra (quella citata da Giavazzi), dopo meno di una settimana il 22 luglio le ha ritrattate entrambe,dichiarando che “si ribadisce in ogni caso che tali valori rappresentano unicamente degli esempi di applicazione della metodologia, e che la scelta finale per un eventuale utilizzo nella distribuzione della quota premiale del FFO non è di competenza dell’ANVUR.”.

Va anche detto che le classifiche ANVUR sono poco credibili: per fare un esempio nelle aree di Architettura ed ingegneria industriale e dell’informazione il Politecnico di Milano è superato da Messina, uno degli atenei che Giavazzi vorrebbe chiudere. Nel 2010 Giavazzi sosteneva che solo 20 atenei in Italia potevano ambire al ruolo di “research universities”: ebbene per le classifiche dell’ANVUR la Bocconi non è uno di questi. Uno dei pochi dati certi è la percentuale di ricercatori inattivi: nell’area economica la Bocconi con il suo 10% di inattivi se la cava peggio di Bari e di Urbino, gli altri due atenei che Giavazzi vorrebbe chiudere. Tutto ciò è ampiamente documentato su

http://www.roars.it/online/francesco-giavazzi-e-la-sua-magnifica-ossessione/