Un telefono cellulare che si autodistrugge al termine della sua ‘vita’. A questo stanno lavorando i ricercatori dell’Università dell’Illinois (USA), che puntano alla realizzazione di dispositivi elettronici in grado di dissolversi in acqua. L’obiettivo del progetto, chiamato ‘Born to Die’ (ossia, ‘nato per morire’), è quello di ridurre l’impatto ambientale generato dall’enorme quantità di cellulari, computer ed altri dispositivi che ogni anno vengono gettati via.
Il ciclo di vita medio di un cellulare è di appena 12-18 mesi, ma smaltire questo tipo di rifiuti non è semplice, soprattutto perché ogni anno nel mondo vengono prodotte dalle 20 alle 50 tonnellate di spazzatura elettronica: ecco perché i ricercatori americani stanno provando a realizzare dei dispositivi ‘transitori’, che non vadano a finire in discarica, ma scompaiano da soli una volta che il loro proprietario abbia deciso di disfarsene.
Per il momento, nell’ambito del progetto ‘Born to Die’ si è riusciti a realizzare un microchip, composto da fibre naturali, in grado di autodistruggersi. Questo circuito integrato transitorio è un semplice circuito radio – fatto di transistor, diodi, linee di resistenza, condensatori e conduttori – interamente realizzato su una sottile pellicola di seta. Ciò rappresenta solo il primo passo verso la produzione di dispositivi capaci di scomparire e, di certo, se ne dovranno ancora fare molti altri prima di arrivare a un cellulare che si dissolve da solo, ma i ricercatori dell’Università dell’Illinois pensano di essere sulla strada giusta e stanno portando avanti gradualmente i propri esperimenti. Cercando anche un possibile impiego di questi strumenti elettronici ‘transitori’ nel settore medico e in quello militare.
Temete che, quando questa tecnologia avrà conquistato i mercati, il vostro cellulare possa scomparire prematuramente o che risulti più scadente e soggetto a rotture? Niente paura: i dispositivi saranno fatti sì per autodistruggersi, ma “in modo molto controllato“, spiega John Rogers, ingegnere e professore di Scienze dei materiali presso l’Università dell’Illinois e responsabile del progetto ‘Born to Die’. Insomma, non si tratterà di “elettronica inaffidabile e che si rompe”, bensì, prosegue Rogers, di “strumenti costruiti in maniera molto specifica perché abbiano eccellenti qualità, indipendenti dal tempo, fino al momento in cui si prevede di non averne più bisogno. E che a quel punto scompaiono”. L’idea dei ricercatori che lavorano a ‘Born to Die’ è quella di realizzare i dispositivi elettronici con materiali che durino dai 3 ai 5 anni prima di dissolversi.