Mai più annunci che offrono stage non retribuiti. Questa è la decisione presa da alcune delle principali università britanniche, che hanno scelto di bandire le offerte di lavoro non pagato dai propri siti Internet e dalle proprie bacheche in seguito alla notizia che l’entrata in vigore della legge che renderà illegali gli stage senza compensi – promossa dal parlamentare laburista Hazel Blears – sarà ritardata di almeno un anno. Tra gli atenei che hanno aderito all’iniziativa vi sono quelli di Oxford, York, Reading, Leeds e Liverpool.
Non solo qui da noi in Italia, anche nel Regno Unito è ormai la norma che i giovani laureati svolgano periodi più o meno lunghi di lavoro non pagato prima di poter a tutti gli effetti ‘sistemarsi’. In Gran Bretagna il fenomeno interessa soprattutto i settori della comunicazione e delle arti, nei quali è praticamente impossibile inserirsi senza almeno un anno di stage non retribuiti per accumulare esperienze da poter riportare nel curriculum. Ma ciò genera disparità tra i giovani in base alle loro possibilità economiche: lavorare senza ricevere un compenso, infatti, significa per molti dover pagare per farlo, visto che effettuare uno stage lontano da casa propria comporta dei costi che non tutti possono sostenere.
Proprio per difendere il principio di uguaglianza tra i laureati e difendere la dignità del lavoro e dei lavoratori, molte università britanniche hanno deciso di non dare più visibilità agli annunci che offrono stage non retribuiti, nella speranza di riuscire prima o poi a modificare l’attuale situazione. L’Università di Oxford, ad esempio, pubblica ormai solo annunci di lavoro che prevedono almeno il salario minimo e dà spazio ad offerte di stage che non danno un compenso solo se la durata del lavoro è inferiore alle quattro settimane o se provengono da organizzazioni di volontariato.
A Cambridge, invece, si continuano a pubblicizzare gli annunci di stage non retribuiti, ma al contempo vengono concesse 60 borse del valore di 500 sterline all’anno come sostegno per gli studenti che scelgono di accettare un’opportunità di lavoro non pagata. Inoltre, come ha recentemente spiegato Gordon Chesterman, direttore del Careers Service dell’ateneo, l’università è riuscita a convincere molte organizzazioni “a offrire una remunerazione, un contributo per le spese di viaggio e di mantenimento o una somma da corrispondere alla fine del periodo di internship“.