Allarme USA: "Aumentano le pubblicazioni scientifiche non attendibili"
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Pubblicazioni scientifiche, dagli USA il monito: “Tra finta accademia, spam e pay per publish, siamo nel Far West”

da | Apr 2013 | News | 0 commenti

Aumentano le pubblicazioni scientifiche non attendibili: è “il lato oscuro dell’accesso aperto”. Così l’ha definito Steve Goodman, rettore e professore di medicina a Stanford e direttore della rivista Clinical Trials. Una vera e propria pseudo-accademia: dalla volontà di rendere gratuitamente accessibili a tutti le pubblicazioni accademiche al proliferare di riviste e conferenze piuttosto fumose e ingannevoli, il passo è stato breve.

Nel tempo è infatti mutato il modello di impresa delle pubblicazioni scientifiche: si è passati da uno basato sugli introiti degli abbonamenti sottoscritti da organizzazioni professionali ed enti, a uno basato sull’accesso aperto e i soldi versati dagli autori – o dai loro sponsor – per pubblicare online. L’open access legato a riviste di qualità basate sulla revisione inter pares – come quelle della Public Library of Science -, sta degenerando a causa dell’enorme aumento delle riviste online che dietro pagamento sono disposte a pubblicare qualunque cosa. E come possono i non addetti ai lavori distinguere i contributi attendibili da quelli che non lo sono?

Talvolta a farne le spese sono addirittura gli stessi studiosi, come è accaduto agli scienziati che hanno preso parte alla conferenza ‘Entomology – 2013’ convinti di essere stati scelti per tenere una presentazione alla principale associazione professionale di categoria e che sono stati traditi da un trattino. La conferenza “vera” e prestigiosa che avevano in mente infatti si chiama ‘Entomology 2013’ – senza trattino – e non prevede il pagamento della cospicua quota di partecipazione che hanno dovuto sborsare.

E il fenomeno si sta facendo tanto ingombrante da richiamare l’attenzione di Nature: di fronte all’aumento di operatori dubbi, meglio creare una lista nera o una lista bianca comprendente quanti soddisfino determinati parametri? La lista delle “riviste scientifiche predatorie” stilata da Jeffrey Beall dell’Università del Colorado ne comprendeva soltanto 20 nel 2010. Oggi arriva a contarne più di 300, ma quelle stimate sono almeno 4.000 (circa un quarto di tutte quelle open access).

Ha ben ragione James White, fitopatologo della Rutgers University, nel New Jersey, a sua volta vittima di una di queste realtà poco trasparenti e non attendibili (il suo nome figurava, prima che lo facesse rimuovere, tra gli organizzatori di ‘Entomology – 2013’), a dire che  il mondo delle pubblicazioni scientifiche “sembra ormai il Far West“.

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