Disparità di genere nel mondo della ricerca scientifica, a sfavore delle donne. Ѐ quanto riportato da uno speciale pubblicato dalla rivista Nature, in cui i numeri sembrano parlare piuttosto chiaro: il sesso femminile fa più fatica a conquistare i vertici delle istituzioni di ricerca, delle accademie e delle università, oltretutto guadagna di meno rispetto ai colleghi maschi. Ciò non vale solo negli Stati Uniti, dove il 79 per cento dei professori universitari di scienze sono uomini e dove il gentil sesso riceve appena l’82 per cento dello stipendio dei compagni di lavoro, ma anche in Europa, a parte qualche eccezione come la Norvegia, la Svezia e la Finlandia.
Tale disparità verso le donne non manca nemmeno nel nostro Paese. Secondo i dati del Rapporto “Donne e Scienza – L’Italia e il contesto internazionale” curato dal centro di ricerca Observa – Science in Society, infatti, le neolaureate in materie scientifiche guadagnano in media il 10 per cento in meno dei loro colleghi maschi. Si aggiunga anche che i professori ordinari di sesso femminile sono di numero largamente inferiore rispetto a quelli di sesso maschile. Ad esempio, nel 2009, le donne che ricoprivano questo ruolo nelle facoltà di Ingegneria erano appena l’8,4 per cento del totale.
Per porre fine a questa disparità, ogni Paese cerca di adottare le soluzioni che ritiene migliori. In Germania, per fare solo un esempio, la più importante organizzazione che si occupa di finanziare la ricerca – la German Research Foundation – ha redatto una serie di linee guida, che tutte le istituzioni devono rispettare se vogliono ottenere di più in termini di finanziamenti. Una serie di procedure, che servono a contrastare gli stereotipi riguardanti le differenze di genere, e che aiutino il gentil sesso a combinare carriera e famiglia, prevedendo una flessibilità negli orari, asili nido nei luoghi di lavoro e uno stipendio al livello delle esigenze familiari.
Anche l’European Research Council – l’agenzia dell’Ue che si occupa del supporto della ricerca – ha cercato di attuare una serie di iniziative per ottenere una certa uguaglianza di genere. Poiché la maternità sembra essere uno degli ostacoli maggiori per la carriera delle donne, ha – ad esempio – aumentato il numero di progetti finanziabili proposti da ricercatori con figli, così da incoraggiare di più la partecipazione del sesso femminile ai bandi. Allo stesso tempo, negli Usa la neuroscienziata Jennifer Raymond della Stanford University School of Medicine invita le sue colleghe a battersi affinché le ricercatrici guadagnino cifre pari a quelle degli uomini e il loro ruolo di madri e mogli sia maggiormente rispettato.