Il sindacato universitario Udu ha deciso di avviare una class action contro la “tassa di verifica dei requisiti”, che ogni anno circa settemila studenti della Sapienza devono pagare per accedere ai corsi del biennio magistrale. Un accertamento previsto dal Ministero dell’Istruzione per controllare che le matricole dei corsi di laurea di secondo livello abbiano davvero acquisito durante la laurea triennale le conoscenze basilari necessarie a proseguire gli studi. “Sono spese irrisorie ma – spiega l’avvocato dell’Udu, Michele Bonetti – moltiplicate per tutti gli studenti dell’università generano cifre da capogiro senza alcuna controprestazione in termini di diritto allo studio“.
La tassa contro la quale l’Udu ha deciso di lanciare la class action ha un importo di 10 euro, ma risulta obbligatoria anche per quegli studenti della Sapienza che provengono da un percorso di studi della stessa università o che, in ogni caso, hanno già conseguito la laurea triennale nella materia che desiderano continuare a studiare. Si finisce così per pagare oltre alle tasse universitarie della magistrale, un accertamento quasi sempre dall’esito scontato. In certi casi non viene nemmeno effettuato un colloquio, ma si invia alla persona interessata solamente un’e-mail che conferma il possesso dei requisiti necessari.
Per lo sportello di orientamento e tutorato della facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza, la tassa di verifica dei requisiti sarebbe “solo un modo per fare cassa, perché è ovvio che se ti sei laureato qui in una materia hai i requisiti necessari per iscriverti al corso di specializzazione correlato”. Tutto questo è inaccettabile secondo Michele Orezzi, coordinatore nazionale del sindacato universitario Udu, per il quale nel primo ateneo della Capitale “già l’importo di 35 euro che viene chiesto per il test d’ingresso è una tassa che spesso fa superare la quota del 20 per cento prevista a carico degli studenti, quota che per legge non può essere oltrepassata”.
Contro la class action il rettorato della Sapienza replica tenendo a sottolineare che la “verifica dei requisiti è prevista per legge dal 2004 e come tutte le procedure ha dei costi, di personale e di strumentazione”. Non tutte le università, però, obbligano i propri iscritti a pagare per questo accertamento. Intanto, i promotori del ricorso fanno sapere che, in caso di vittoria in tribunale, “il 50 per cento delle somme sarà restituito agli studenti, con l’altro 50 per cento organizzeremo delle borse di studio”.