I test del quoziente intellettivo (QI) non sempre sono affidabili, anzi i loro risultati vanno ampiamente ridimensionati. Uno studio canadese, condotto dalla Western University dell’Ontario, sfata il mito secondo cui basta superare una prova per potersi definire intelligente. Per arrivare a tali conclusioni – avvertono gli autori della ricerca – occorre considerare aspetti diversi e servono molti più test. I risultati dell’indagine, che ha visto la partecipazione di 100 mila persone di tutto il mondo, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Neuron.
“Ci aspettavamo poche centinaia di risposte, invece – si legge nell’articolo – si sono mobilitate migliaia e migliaia di persone, anziani compresi, in ogni angolo del mondo e di ogni cultura e religione”. L’indagine, lanciata on line e aperta a chiunque, ha così suscitato una reazione “sorprendente” da parte dell’intera Rete. Alla conclusione che i test del QI sono in realtà “altamente fuorvianti” si è giunti, somministrando ai partecipanti dodici test cognitivi utili a sondare la capacità di memoria, ragionamento, attenzione, programmazione, ma anche esperienze e stili di vita.
Sono tre le componenti attraverso cui spiegare le differenze che emergono quando è esplorato un vasto range di funzioni cognitive: la memoria a breve termine, la capacità di ragionamento e l’abilità di parola. Risulta impossibile sintetizzare tutto in un unico parametro, per questo motivo il quoziente intellettivo non avrebbe senso dal punto di vista scientifico. Dallo studio canadese, che sfata il mito dei test del QI, è emerso anche che fattori come l’età, il genere o la passione per i videogame sono in grado di influenzare non poco le funzioni cerebrali e quindi l’intelligenza.
L’indagine smentisce infatti altre convinzioni, come quella secondo cui i giochi elettronici possono avere solo effetti negativi su chi li utilizza: “Un fatto interessante – spiega Adam Hampshire, uno degli autori dell’articolo pubblicato su Neuron – è che chi utilizza regolarmente videogiochi sul pc mostra performance significativamente migliori sia dal punto di vista della memoria a breve termine, sia sotto l’aspetto delle capacità verbali”. Stesse cosa non si può dire per le persone che soffrono d’ansia, le quali “mostrano scarsi risultati soprattutto rispetto alla memoria a breve termine”.
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Lo studio canadese è giunto alla mia medesima conclusione che avevo avuto diverso tempo fa; difatti la loro inaffidabilità consiste nell’aver preso un’iniziale intuizione interessante e poi averla “esagerata” in modo inopportuno. Infatti era degenerato soprattutto perché era diventato una medaglietta per gente complessata con bisogni di autostima, un po’ come chi stabilisce record mondiali ficcandosi matite nelle narici (temevi dicessi…?) e si batte con gli altri concorrenti di matite nel naso.
Io stesso ne feci alcuni nella mia vita, e ho capito quanto di poco logico ci fosse in certi quesiti, soprattutto quelli con risposte “camuffate”, ovvero mimetizzate da distrattori che poco fanno capire delle reali capacità logiche di un individuo. L’idea del test non era malvagia, ma incompleta. Nel mio caso ho potuto notare diverse esperienze che mi hanno portato contro il mio personale narcisismo a smontare un motivo di mio vanto personale nel passato.
Innanzitutto ho potuto constatare come a volte persone con QI inferiori sulla carta al mio mi battevano negli esami universitari pure a parità di impegno, nonché alcuni di loro mostravano più dimestichezza in certe situazioni pratiche a usare ragionamenti logici…
Nei test del QI manca la capacità di vedere in azione la vera vena di genialità delle persone dotate, quelle che hanno il guizzo originale come nei fisici e scienziati che di certo avevano uno schema aperto da interpretare e non chiuso da discutibili meccanismi a volte semplici a volte così complessi da essere sbagliati.
Infatti nei test si presuppone una ed una sola logica esatta, ma chi studia scienze e matematica sa bene che le cose logiche possono avere più soluzioni (ad esempio le equazioni di grado maggiore di 1), oppure certe figure possono avere interpretazioni altrettanto valide quanto alternative, oppure può esserci la ricerca di combinare un certo concetto in modo da “fare una partita di scacchi nel cervello” che con una marea di passaggi non previsti dall’enigmista possono risolvere in modo originale e molto creativo nonché logico l’esercizio, ma penalizzato nella sua capacità dalla rigidità del richiedente. Furono i logici come Tolomeo a dimostrare che la Terra era piatta e il Sole le girava intorno… Meditate gente, meditate!
A proposito, un ragazzo che la prima volta di fronte a tali test fece meno di 90 (sotto la media), ora è stato capace di raggiungere il pazzesco punteggio di 148 (con deviazione standard 15, media 100), insomma, facendo una performance da 1 su 1500 (un genio in teoria). Il risultato è ufficialmente provato da un certificato del Mensa Italia e non ha ripetuto il test per passarlo.
Il soggetto in questione è un mio amico d’università con cui mi incontro spesso e studia nel mio ateneo, tuttavia con gli esami non è eccezionale, anzi, passa con 18 quei pochi che passa altrimenti viene bocciato, si esprime in italiano non correttamente (ed è italiano da una vita), e in matematica sono io che gli devo ripetizioni. Per di più lui sta molto indietro con gli studi, ma cosa più strana non si trova con materie come statistica e informatica.
Al che mi viene da pensare che sia possibile fare benissimo quei test perché astratti ma quando tali meccanismi andrebbero ripetuti in altri contesti stranamente si può essere incapaci.
Inoltre tali test non sono genuini poiché la maggioranza di coloro che ci vanno li hanno studiati a tavolino da anni (un abruzzese che ha ottenuto lo stratosferico punteggio di 160 mi ha confessato di averlo preparato per 5 anni e poi da adulto l’ha superato), e il medesimo tra parentesi ha inoltre accettato la sfida in matematica con me (aveva vinto un’edizione delle olimpiadi della matematica), e strano ma vero l’ho battuto in ogni prova (e io non ho il suo QI)… Avevamo pure concordato di poter continuare la sfida anche alle nostre case per evitare la tensione e lo stress da competizione, senza limiti di tempo… ma niente, lui non vinse nulla!
Da quel giorno capì quanto fossero inefficaci tali test e quanto andrebbero ridimensionati. Per questo da oggi io e i miei amici (mister 148 compreso) abbiamo deciso di lasciar perdere quel test cui tanto riponevamo fiducia e ci incontriamo spesso per parlare di birra calcio e donne. O per fare gare alla ManVsFood nei botteghini limitrofi alla facoltà per vedere di battere un qualsivoglia dimenticato record mondiale, decisamente più intelligente di un test del QI.
salve, insegno da molti anni e sono pienamente d’accordo con te! L’intelligenza non è misurabile. Ho avuto diversi alunni disabili che in talune circostanze hanno primeggiato! Cos’è l’intelligenza e cosa non lo è? …un saluto grande e buona strada. Stefano
Anche io sono dell’idea che i test del q.i., compreso il culture fear di cattel, siano parziali e quindi non attendibili. Io ho fatto dei test e, in modo un po rocambolesco, ho strappato un 133 corrispondente ad un 148 della scala principale. Ho anche fatto il pre-test per il Mensa, e sono rientrato nel campo di riferimento anche se non misurando il tempo impiegato. Una delle cose che non condivido è il fattore cronologico. Non è detto che chi è più intelligente sia per forza più veloce. Ma la cosa straordinariamente discutibile sta nel fatto che i test oggi più in voga consistono di completamenti di successioni o schemi di immagini in base ad una regola dettata dalla logica, dunque si tratta di test che mettono alla prova una sola dei tanti tipi di intelligenza, ovvero quella visivo-spaziale, mentre esistono altri tipi altrettanto importanti, come l’intelligenza verbale, quella matematica, e perfino quella cinestesica. Io credo che il vero genio sia colui che riesce ad eccellere in uno solo di questi tipi, in modo da essere superiore a tutti gli altri o quasi. Ecco perché i test di intelligenza andrebbero fatti suddividendoli per tipo di intelligenza da testare. Io per esempio con le parole me la cavo meglio che con le figure. Perciò è tutto relativo. Einstein aveva un q.i. di 160, ci sono stati individui che sono arrivati a sfiorare se non superare i 200. Ma chi di loro potrebbe dirsi un genio, se non è riuscito veramente ad eccellere in uno almeno dei tipi di intelligenza? Nessuno. Quindi, ripeto, occorrono test diversi per tipi di intelligenza diversi.
Da sempre io penso che i test del quoziente intellettivo siano insigificanti. Si pretende di capire quale sia il grado di intelligenza di una persona sulla base delle risposte date a domande molto specifiche ed eterogenee.
Io, personalmente, ogni volta in cui mi sono trovato nelle condizioni di dovere effettuare questi test, ovvero nelle selezioni per potere accedere ad un posto di lavoro, mi sentivo profondamente seccato perchè ritenevo, e ritengo tutt’ora, che l’intelligenza di un soggetto si debba valutare a seconda di come egli giudichi una situazione in un contesto spaziale e temporale sufficientemente ampio.
Si pensi agli storici: a vostro parere, come regirebbe un illustre studioso, ad esempio, di storia romana, se qualcuno gli somministrasse un test in cui gli si chiede di espungere da una serie di fiugure geometriche una di esse perché i suoi lati sono pari e quelli delle altre sono dispari? Oppure di completare una serie numerica sottraendo un numero diviso per un altro, e via dicendo?
A mio avviso, l’intelletto si misura con la capacità di intrattenere le relazioni con gli altri, con l’attitudine a dare giudizii equilibrati sulle persone e sulle cose, nonché di leggere ed interpretare bene il passato per meglio capire il presente e, per quanto possibile, capire il futuro.
Bravissimo!