Stabilire una tassa sulle bevande gassate e zuccherate per dichiarare guerra all’obesità, sempre più diffusa nella nostra società. Secondo uno studio neozelandese, condotto dall’Università di Auckland e dall’Università di Wellington, potrebbe rappresentare una strategia efficace, capace di migliorare la qualità della dieta di quelle persone che ad alimenti sani preferiscono, troppo spesso, cibi “spazzatura”. Mentre in Italia l’ipotesi di varare tale provvedimento ha provocato parecchie critiche, in altri Paesi è già stato adottato.
Nella ricerca neozelandese – pubblicata sulla rivista PLoS One – vengono raccolti e analizzati ben 32 studi scientifici, tutti effettuati in Paesi industrializzati, appartenenti all’OCSE e caratterizzati da un alto consumo di bibite frizzanti e ricche di zuccheri. Ne è emerso che una tassa sulle bevande gassate che provochi un incremento del 10 per cento del prezzo di vendita di questi prodotti può ridurne il consumo dall’1 per cento al 24 per cento, in base alla situazione del Paese in cui il provvedimento è applicato. Lo studio rivela, inoltre, che un rincaro dell’1 per cento dei cibi ricchi di grassi saturi determinerebbe un calo irrisorio del loro consumo, precisamente dello 0,02 per cento.
Altre indagini, condotte su fasce di popolazione suddivise per reddito, hanno mostrato che un’eventuale tassa sulle bevande gassate avrebbe maggiori effetti sulle persone meno abbienti, rispetto a chi ha una situazione economica migliore, oltre che una maggiore istruzione e cura per la propria salute. Altro dato interessante emerso dallo studio neozelandese è quello secondo cui, invece, una diminuzione del 10 per cento del prezzo di frutta e verdure fresche comporterebbe un incremento del loro consumo compreso tra il 2 per cento e l’8 per cento.
La Francia, ad esempio, è uno di quei Paesi in cui si è deciso di applicare tale tassa, imponendo su ogni lattina acquistata un rincaro di due centesimi di euro, anche se ancora si discute su quale sia l’entità minima necessaria per un buon esito del provvedimento. “Ogni tipo di tassazione sui soft drink o sui cibi spazzatura, così come i sussidi per frutta e verdura, possono – spiegano gli esperti australiani che hanno condotto lo studio – avere effetti differenti a seconda del Paese in cui sono applicati, del tipo di iniziativa, dello stato generale di salute del Paese, delle abitudini alimentari, delle campagne pubblicitarie specifiche, del reddito e del ruolo sociale del cibo”.
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