I videogiochi diventano materia da studiare all’università. Accade in un ateneo privato del Texas, precisamente alla Rice University di Houston. Qui è stato organizzato un nuovo corso che avrà come argomento Skyrim, il famoso gioco di ruolo per pc e console appartenente alla saga The Elder Scrolls, di cui è il quinto capitolo.
Il corso, cui potrà prendere parte solo un numero limitato di studenti, avrà la durata di un semestre e sarà tenuto dalla professoressa Donna Beth Ellard, che farà giocare i propri allievi a Skyrim, oltre a far leggere loro traduzioni di saghe norrene e islandesi. In questa maniera li introdurrà alla psicologia del fantasy, sia come concetto psicologico sia come forza guida nella cultura dei videogames, e ai suoi paradigmi. Altro obiettivo dichiarato di questo corso universitario è far capire “come e perché la Scandinavia medioevale sia un punto centrale per il fantasy anglo-americano moderno”. A tal proposito, si “affronteranno diverse quest all’interno di Skyrim“.
Mentre in Texas viene organizzato un corso interamente dedicato a un gioco di ruolo, a Roma nasce un museo riguardante il mondo dei videogiochi. Si chiama Vigus ed è stato realizzato dal Movimento per la Cultura del Videogioco, grazie al patrocino di Roma Capitale e con la collaborazione dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. All’interno del museo si trova un’esposizione permanente sulla storia dei videogiochi, spiegata con una serie di pannelli, sia in italiano sia in inglese, e più di 150 pezzi originali tra console e giochi del passato. Inoltre, i visitatori potranno usufruire di una sezione interattiva in cui sperimentare il vintage gaming.
Obiettivo di questo museo è far conoscere e promuovere la cultura dei videogiochi, mettendo a disposizione un archivio consultabile da tutti. In questo modo, si cerca di farne comprendere l’importanza e l’evoluzione, facendo scoprire allo stesso tempo curiosità e particolari inediti. D’altra parte, oggi i videogames costituiscono una delle grandi realtà dei nostri tempi, anche perché ne fanno uso ormai non solo i più piccini ma anche un numero sempre crescente di adulti.
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