Protesta studenti: in mutande alle Poste per le borse di studio
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In mutande per le borse di studio: protesta degli studenti universitari alle Poste

da | Ott 2012 | News | 0 commenti

Si sono presentati negli uffici delle Poste in mutande e con cartelli di protesta, per denunciare i tagli ai fondi per l’istruzione e alle borse di studio e chiedere che il Governo investa sul futuro formativo dell’università. Così un gruppo di studenti del Coordinamento universitario Link ha fatto sentire la propria voce, ieri, in alcune città italiane tra cui Roma, Bari, Foggia e Campobasso.
La scelta di protestare negli uffici delle Poste non è casuale: Poste italiane, infatti, propone agli studenti una forma di prestito per poter studiare, così come molti istituti bancari che hanno aperto linee di credito apposite, con tassi di interesse per la restituzione che arrivano fino all’8 per cento. L’offerta risponde a una domanda effettiva: studiare costa e i fondi stanziati dal Governo per le borse di studio sono stati drasticamente tagliati.
 
Da qui l’idea degli studenti dell’università di denunciare simbolicamente la situazione, dichiarando “Siamo in mutande”. I ragazzi del Coordinamento universitario Link spiegano che il 25 per cento degli studenti che chiede una borsa di studio se la vede rifiutare per mancanza di fondi. I fondi per le borse studio sono stati infatti ridotti di oltre 140 milioni di euro dal 2009 al 2013: un “buco” che il Governo Monti ha deciso di coprire con un aumento delle tasse regionali per il diritto allo studio, che sono passate mediamente da 93,5 a 140 euro. La controproposta degli studenti “in mutande” consiste invece nell’investimento di 600 milioni di euro per coprire interamente la richiesta di borse di studio, da recuperare con una patrimoniale del 5 per mille sui grandi patrimoni.
Il blitz alle Poste di ieri è anche un’anticipazione delle proteste studentesche che animeranno l’Italia domani 12 ottobre: l’Unione degli Studenti ha infatti in programma manifestazioni e cortei contro la Legge 953, meglio nota come “legge Aprea“, accusata di limitare le rappresentanze studentesche e quindi la partecipazione degli studenti stessi alla vita della scuola. La protesta, portata avanti dagli Studenti Medi, trova sostegno anche tra gli universitari: L’Unione degli Universitari e la Rete degli Studenti hanno infatti scritto una lettera comune in 10 punti al Governo italiano, nella quale chiedono risposte sui temi caldi del mondo dell’istruzione tra i quali merito, finanziamenti, diritto allo studio e offerta formativa.

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