Giuseppe Remuzzi è il primario del reparto di Nefrologia e Dialisi degli Ospedali Riuniti di Bergamo e vanta anche un importante curriculum come docente universitario e ricercatore, oltre ad essere membro dell’International Advisory Board di The Lancet, una delle più prestigiose riviste in campo medico. Eppure, ha confessato al Corriere della Sera che se tentasse il test di ammissione a Medicina, rischierebbe di essere respinto.
Il famoso medico si è infatti cimentato in una simulazione online della prova di ingresso riportando circa 15 errori, cosa che probabilmente lo avrebbe escluso dalla graduatoria degli ammessi e l’avrebbe costretto a “rinunciare a tutto quello che ho avuto dal mio meraviglioso lavoro”. Il risultato poco lusinghiero lo ha spinto a chiedersi se le domande proposte fossero realmente adatte a valutare la preparazione di base e la predisposizione o meno dei candidati ad intraprendere la professione medica e la sua risposta è negativa.
Secondo Remuzzi, le domande dei test di ammissione a Medicina spesso si concentrano su argomenti di cultura generale, che ben poco hanno a che fare con le conoscenze e le competenze davvero necessarie per esercitare la professione: “Deve essere colto il medico, siamo d’accordo, ma se anche non sa che «piove su le tamerici…», il celeberrimo passo di D’Annunzio, è un’anafora, pazienza”. Purtroppo, invece, sono proprio questo genere di quesiti a determinare la bocciatura di moltissimi aspiranti.
L’intervento del primario si spinge oltre, invitando a riflettere sull’opportunità di mantenere la prova di ammissione e il numero chiuso. Può un test nozionistico prevedere se un soggetto sarà o no un buon medico? Remuzzi è scettico, perché “fare il dottore è un po’ come fare il cuoco o guidare l’aereo, bisogna essere portati: chi è troppo introverso o troppo scontroso o troppo facile a seccarsi è bene che non ci provi nemmeno. E anche chi non è disponibile a studiare tutta la vita. Insomma, certi non vanno bene anche se sanno l’origine della tragedia greca”.
Per evitare di infrangere il sogno di tanti giovani e lasciare fuori qualche possibile “talento”, il primario suggerisce allora di seguire l’esempio della Francia, dove l’accesso alla facoltà di Medicina è libero: “se ne perdessimo anche solo uno di quelli giusti perché non sapeva il sinonimo di impudente – commenta ancora Remuzzi – saremmo colpevoli”. La selezione dovrebbe quindi essere fatta attraverso gli esami, facendo sì che arrivino alla laurea solo i più meritevoli.
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