Nuove misure europee su istruzione e ricerca. La Commissione Europea ha proposto di incrementare i fondi per l’istruzione, la formazione e la gioventù di un +73 per cento e per la ricerca di un +46 per cento.
La decisione arriva dopo che recenti previsioni hanno messo in luce che, entro il 2020, il 35 per cento dei posti di lavoro nell’Unione richiederà un titolo di istruzione superiore. Oggi, invece, solamente il 26 per cento dei lavoratori europei possiede una laurea. Una percentuale decisamente inferiore se comparata a Stati Uniti, Giappone e Canada.
Volontà dell’Ue è portare il numero di laureati al 40% della popolazione attiva entro il 2020, rispetto all’attuale media europea del 34% circa. Questo può essere fatto riducendo il numero di studenti che abbandonano gli studi e allargando l’istruzione a nuove fasce della popolazione.
La Commissione Europea ha inoltre dichiarato di voler raddoppiare il numero degli studenti che studiano all’estero da qui al 2020. Secondo le stime fra sette anni quindi 5 milioni in più di giovani europei potrebbero studiare all’estero nei 27 paesi membri dell’Ue.
Dal 2007, infatti sono state circa 400.000 all’anno le persone che hanno beneficiato di sovvenzioni dell’Ue per studio, formazione e volontariato all’estero. La Commissione ha intenzione di portare questo numero a quasi 800.000 nei prossimi sette anni di fase.
Per raggiungere lo scopo, l’Europa chiede ai governi nazionali uno sforzo per incentivare l’accesso all’istruzione e avere quindi maggiori laureati con le giuste competenze per apportare innovazione e crescita. L’Europa conta, infatti, circa 4.000 università e altri istituti di istruzione superiore. Alcuni fra questi sono tra i migliori al mondo, mentre altri sono rallentati dalla lentezza dei cambiamenti economici e sociali.
Anche se l’istruzione è di competenza dei governi nazionali, l’Unione Europea si è impegnata ad aiutare i governi mediante programmi di modernizzazione. Si pensa ad un sistema europeo di classificazione delle università che permetterà di fornire agli studenti le informazioni sulla sede più adatta in Europa per seguire la formazione prescelta. Inoltre un nuovo sistema di prestiti garantiti, delineato con lo European Investment Bank Group, consentirà di finanziare gli studenti che seguono un master in un altro Paese dell’Unione.
Un altro tema a cui la Commissione ha dedicato grande spazio è quello della ricerca. Circa 80 i miliardi di euro stanziati così ripartiti: 24,6 miliardi di euro dovrebbero garantire il primato dell’Europa nel settore scientifico a livello mondiale; 17,9 miliardi verranno usati per assicurare la leadership dell’industria europea nel campo dell’innovazione, compresi gli investimenti a favore delle piccole imprese; 31,7 miliardi servirebbero ad affrontare le questioni di maggiore attualità in settori come salute, alimentazione, energia, trasporti, ambiente, società.
La Commissione conta di raggiungere gli obiettivi rafforzando i legami fra istruzione, ricerca e imprese, incentivando e premiando l’eccellenza nell’insegnamento e nella ricerca, formando il maggior numero di ricercatori per preparare l’Europa alle sfide del futuro.
Proposte ambiziose che però hanno già ricevuto i primi scetticismi da parte dell’Unione degli Studenti Europei (Esu). Allan Pall, presidente della Esu, ha recentemente manifestato le proprie perplessità sul programma di credito, a suo avviso poco attraente ed efficace.
L’Esu teme, infatti, che a farne le spese saranno gli studenti meno abbienti. Le principali perplessità riguardano gli importi delle borse di studio che già attualmente non sono sufficienti a coprire i costi di vivere e studiare all’estero e spingono la maggior parte degli studenti a pagare di tasca propria. Un ostacolo altamente disincentivante per la mobilità degli studenti di bassa estrazione socio-economica.