I dati parlano chiaro: le lauree “brevi” o triennali che dir si voglia, iniziano a farsi strada e sono considerate come titoli di studio “a tutto tondo” e non più di serie B. Lo conferma il rilevamento effettuato dal Centro di ateneo per la ricerca educativa e didattica dell’Università di Genova, secondo il quale, a 12 mesi dal termine degli studi, il 42,1% dei laureati triennali 2009 risultava occupato. Lo studio, basato su dati Almalaurea e Stella, considera 63 atenei italiani e il risultato, considerando il periodo di crisi occupazionale che stiamo vivendo, è decisamente al di sopra delle aspettative.
Ancora più interessanti sono i dati parziali, grazie ai quali è possibile individuare le facoltà che aprono le porte del lavoro già dopo il completamento dei primi tre anni di studi universitari. Accanto ai picchi di Professioni sanitarie (81,7 per cento di occupati), Educazione fisica (66,5) e Insegnamento (60,3) si registrano tassi di occupazione meno appetibili nei corsi dell’ambito Geo-biologico (22,9) e in Ingegneria (24,5), dove probabilmente è più richiesto il “completamento” degli studi accademici attraverso la laurea specialistica.
Nel complesso, però, le risultanze dello studio rendono gli addetti ai lavori ottimisti sulle possibilità di “placement” dei laureati triennali, tanto da far ritenere opportuna una maggiore attenzione degli atenei per facilitare l’accesso dei “mini laureati” al mondo del lavoro. Qualche università, come quella di Bergamo è già da tempo impegnata su questo versante: dal 2004 ha avviato un marketplace per gli stage in collaborazione con Confindustria e oggi, pur non avendo facoltà in Professioni sanitarie, che come abbiamo visto garantiscono più di altre l’accesso al lavoro, è al 45,1 per cento di occupazione media a un anno dalla laurea.
Lo stesso Luigi Berlinguer, fautore del fatidico 3 + 2, ministro dell’Istruzione ai tempi del Processo di Bologna ora eurodeputato del Pd, chiede dall’Europa che in Italia venga smentito il pregiudizio che con i diplomi triennali non si lavora. Laddove l’esperienza anglosassone dimostra proprio il contrario. Concetti che egli stesso metterà nero su bianco in una risoluzione che sarà a gennaio all’esame dell’assemblea di Strasburgo.
Il fine sarà quello di impegnare gli stati membri del Processo di Bologna a far sì che chi si iscrive all’Università di Cipro o Glasgow possa utilizzare i suoi titoli presso tutta la Ue. Per quanto riguarda la laurea breve Berlinguer, in un’intervista al Sole24Ore ha aggiunto: “È ora che le imprese italiane si adeguino al sistema delle lauree triennali”.