Un sistema di scolarship che garantisce agli universitari i fondi necessari per studiare e laurearsi all’estero al fine di tornare in patria specializzati e pronti a contribuire allo sviluppo del Paese. In Oman, il terzo Paese della Penisola Arabica, il sultano Qabus ben Said, ha deciso di recente di attribuire parte del potere legislativo e di regolamentazione al Consiglio consultivo: un segno di apertura che segue le proteste dei mesi scorsi e che si riscontra anche nell’atteggiamento nei confronti del sistema accademico del Paese.
L’Oman, infatti da anni eroga borse di studio per consentire agli studenti di viaggiare e formarsi in tutto il mondo. “Le borse erogate sono parecchie e i ragazzi ne fanno richiesta partecipando a un bando – spiega Ehab Hindawi, giordano trapiantato in Oman da bambino e laureato in Economia a Muscat – esistono anche borse per andare a frequentare un master all’estero e chi lavora in uffici statali può richiederne una per andare a migliorare le proprie competenze, continuando ad essere stipendiato”.
Ma una volta laureati o diplomati i giovani devono obbligatoriamente rientrare in patria? “Assolutamente no – prosegue Ehab –: possono decidere di lavorare all’estero come di tornare. La maggior parte, però, ritorna per offrire al suo Paese le competenze maturate”. Anche chi rimane a studiare in Oman è avvantaggiato rispetto ai suoi coetanei europei: l’università pubblica nel Paese arabo, infatti, è totalmente gratuita.
Anche l’Oman non è stato toccato da episodi legati alla cosiddetta Primavera Araba. “Qualche manifestazione all’inizio c’è stata, sull’ondata del fervore egiziano e libico – racconta Ehab – ma nulla di rilevante: il popolo e i giovani qui hanno quello che vogliono”. Dopo le prime ondate di protesta e l’uccisione di due manifestanti da parte della polizia, in una notte il sultano ha cambiato 13 ministri per venire incontro al malcontento della popolazione.
Sull’efficienza del sistema universitario i pareri degli omaniti sono pressoché unanimi: il sistema garantisce una buona istruzione (pubblica e privata), opportunità professionali, un sistema di welfare all’avanguardia e, strano ma vero in una monarchia assoluta araba, una buona dose di libertà, spiega Ehab.
Il governo omanita ha creato solamente quest’anno 50mila posti di lavoro nel settore pubblico. Inoltre esiste un sussidio di disoccupazione mensile di circa 500 euro. Proprio quest’ultimo ha creato un problema che ora il governo sta cercando di affrontare: moltissime persone occupate che guadagnavano stipendi miseri, hanno abbandonato il posto di lavoro per ricevere tale sussidio.