Pochi laureati, stipendi bassi e scarsi investimenti nell’educazione: è questo il quadro, non certo inedito ma non per questo più confortante, che emerge dal rapporto “Education at a glance” diffuso nei giorni scorsi dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse). L’indagine fotografa il grado di sviluppo e le implicazioni di tutta la “filiera” dell’educazione, dall’asilo alla laurea, dalle materie di studio agli investimenti, fino agli stipendi dei professori.
Concentrandosi su università e laureati, ovvero quella che viene chiamata “istruzione terziaria”, dal rapporto risulta che il nostro Paese detiene uno dei più bassi tassi di conseguimento di titoli universitari tra i Paesi Ocse: poco più del 20 per cento dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni raggiunge questo livello d’istruzione, rispetto alla media Ocse del 37,1 per cento nella stessa fascia d’età.
Basso anche il tasso dei diplomati, che si attesta intorno al 70 per cento tra i giovani di età compresa tra i 25 e i 30 anni: in questo caso l’Italia si piazza al 29esimo posto sul totale di 34 Stati aderenti all’Ocse (per i quali la media è dell’81 per cento).
C’è da dire che però si registra una crescita di lungo periodo: l’Italia è uno dei sette Paesi in cui il numero di giovani tra i 25 e i 34 anni con diploma secondario superiore o universitario supera di almeno 30 punti il numero di persone con gli stessi titoli tra i 55 e i 64 anni. Tuttavia, se in Estonia i giovani laureati sono pagati di più rispetto ai loro colleghi più anziani ma con esperienza, in Italia e in Portogallo i datori di lavoro pagano più del doppio un laureato con una lunga esperienza professionale rispetto ad uno fresco di tocco.
Va peggio, tanto per cambiare, al gentil sesso, che in Italia – come in Brasile – guadagna il 65 per cento rispetto a quanto guadagnano gli uomini con la stessa laurea. Un dato peggiore rispetto alla media dei paesi Ocse (72 per cento).
Quanto al problema di trovarlo il lavoro, solo il 79 per cento degli adulti laureati italiani ha un impiego, mentre la media Ocse è dell’84, e colpisce anche la proporzione di individui “inattivi”.
Ma il rapporto conferma che una laurea serve, perché il tasso di occupazione per chi possiede titoli d’istruzione terziaria supera di oltre 28 punti percentuali quello di chi non ha completato un ciclo d’istruzione secondaria superiore.
Infine, il tasto dolente degli investimenti. Nel 2008, l’Italia ha speso il 4,8 per cento del prodotto interno lordo in istruzione, ovvero 1,3 punti percentuali in meno rispetto alla media dei Paesi Ocse (6,1 per cento) un dato che posiziona lo Stivale al 29esimo posto su 34 stati aderenti all’organizzazione con base a Parigi, e che in parte spiega la bassa incidenza degli investimenti privati nel settore.
Basso il tasso dei diplomati è una grandissima c….a, sono la stra grande maggioranza! Dire che la maggioranza è basso lo trovo irrazionalissimo! Bisogna anche vedere la differenza con le posizioni precedenti. 29 su 34 non è neanche agli ultimissimi posti. In Italia c’è anche questo problema di vedere le cose in maniera maggiormente negativa rispetto a quello che sono, per quanto ci siano altre cose che non vanno affatto bene e giustamente le si vede male ma vedere male il fatto che il 70% si diplimi…beh forse c’è qualcosa che non va!
Solo il 79% ha un impiego?? ma da quando il 79% è ”solo”..ma stiamo scherzando? I problemi possono essere: stipendi più bassi, contratti precati che non danno sicurezza ma il 79% non è affatto poco…stiamo parlando dell’80%..se l’80% è poco allora il rimanente 20% che cos’è? Eppure di quel 20% se ne parla come se rappresentasse la maggioranza al contrario dell’80% che diventa nullo!
Il problema della percentuale di laureati più bassa rispetto ad altre nazioni è dato dal fatto che l’università va riformata! Non è ben strutturata!