Sembra che la religione influenzi l’accesso all’istruzione superiore. È quanto emerge da uno studio condotto dall’Istituto statistico nazionale inglese su committenza del Dipartimento dell’Educazione. Le indagini, condotte intervistando 13.000 giovani, mostrano delle differenze sostanziali nel proseguimento degli studi fra studenti di religioni diverse.
Il 77% dei ragazzi di religione induista, ad esempio, dopo i 15 anni ha scelto di frequentare studi superiori contro un 45 per cento dei cristiani. Il 63 per cento degli studenti sikh decidono di andare all’università, mentre lo fa solamente il 32 per cento degli atei.
Interrogato in proposito, il Servizio di Educazione Cattolica inglese ha liquidato la notizia affermando che esistono dei motivi per cui gli studenti cristiani hanno avuto performance peggiori degli altri, come il fatto che le scuole cattoliche richiedano molto più impegno e prevedano test più severi. Oppure che l’educazione dei figli sia più libera e incoraggi, più che il proseguo dell’istruzione, la scelta autonoma del proprio percorso, sia esso universitario o professionale.
Al contrario il Consiglio Musulmano della Gran Bretagna ha accolto i risultati positivamente, stupendosi che gli studenti musulmani non fossero al primo posto dato che il sondaggio riflette una “tendenza costante” all’interno della comunità musulmana: aspirare agli studi universitari. Una tendenza che, come dichiara Hojjat Ramzy, capo del Comitato Educazione del Consiglio, è incoraggiata dal Consiglio stesso.
Prajip Gajjar, genitore e figura chiave della scuola elementare Krishna-Avanti non è affatto sorpreso dalle performance degli indiani, che hanno ottenuto i risultati migliori: “La cultura è parte della tradizione e per i genitori indù l’educazione superiore è un’aspirazione. Spesso passano il tempo libero con i figli coinvolgendoli nell’educazione. Inoltre in India abbiamo un gran senso del dovere grazie alla spiritualità e alla disciplina”.
La statistica riflette una più ampia ricerca che dimostra come i bambini asiatici siano più propensi a frequentare studi superiori dei figli della working class britannica. Risultati che secondo il Professor Steve Strand della Warwick University non hanno nulla a che fare con la religione, ma con altri fattori, come il fatto che gli operai inglesi non vedono la necessità di far frequentare ai propri figli l’università, mentre le famiglie asiatiche con un background socio-economico difficile guardano all’educazione come a una via d’uscita dalla miseria.