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Ricerca, l’Adi contro il decreto sull’abilitazione scientifica nazionale

da | Lug 2011 | News | 3 commenti

L’Adi, l’associazione che riunisce i dottori di ricerca e i dottorandi italiani, ha partecipato all’audizione della Commissione Istruzione del Senato sul decreto attuativo dell’abilitazione scientifica nazionale previsto dalla legge 240/2010, la cosiddetta riforma Gelmini.

Durante l’audizione i rappresentanti dell’associazione hanno ribadito il giudizio profondamente negativo sulla legge e ha evidenziato numerosi problemi legati al decreto per l’abilitazione scientifica nazionale. L’abilitazione nazionale è il “filtro” previsto dal ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca per la progressione nella carriera accademica: “Si tratta di un procedimento titanico – dicono i ricercatori – che prevede una burocrazia lunghissima e rischia di bloccare le università e la ricerca. Per di più penalizza fortemente i ricercatori”.

Le critiche dell’Adi si sono poi appuntate sull’incapacità di questo strumento di valorizzare realmente il talento e il merito. Sotto accusa anche la mancanza di trasparenza del decreto che prevede il divieto per i commissari di “divulgare i titoli e le pubblicazioni presentate dai candidati”: per i dottori e dottorandi di ricerca l’intera procedura di valutazione dev’essere resa pubblica e consultabile anche tramite gli strumenti telematici.

Un’altra previsione della 240 proprio non va giù ai ricercatori, e cioè che sia soltanto l’Anvur, la neonata Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e la ricerca, a valutare la coerenza del curriculum degli aspiranti membri della commissione per l’abilitazione scientifica nazionale.”Sarebbe il caso che questa valutazione sia affiancata da un ulteriore processo di verifica effettuato dal Cun, il Consiglio universitario nazionale” spiegano all’Adi.

Le critiche dell’associazione arrivano sullo sfondo si un ritardo complessivo della fase di attuazione della riforma. E questo crea un’attesa e spesso situazioni di stallo che non fanno bene al settore: “Attualmente – concludono i rappresentanti dell’associazione – occorre ancora che il Miur emani i decreti di definizione dei settori scientifico-disciplinari, delle procedure di selezione dei ricercatori a tempo determinato e dei criteri di organizzazione e accreditamento dei dottorati”.

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Michele C.
Michele C.
13 anni fa

Personalmente ritengo che la proposta per la valutazione della produttività scientifica (criteri) dei candidati all’abilitazione nazionale (e dei candidati commissari) pubblicata dall’ANVUR (http://www.anvur.org/media/277/documento01_11.pdf) possa essere decisamente più efficace (e garante del reale merito) di quella proposta dal CUN.

La proposta dell’ANVUR pone requisiti chiari per la selezione dei migliori candidati (per SSD), a meno di pochi punti che ritengo potrebbero essere migliorati:
1) nello schema attuale non vengono menzionati i capitoli su volumi internazionali ma solo quelli nazionali (dimenticanza?);
2) il peso di articoli su riviste internazionali non ISI/Scopus è pari a quello di articoli su riviste nazionali o capitoli su volumi nazionali (che in molte discpline non svolgono peer-review!);
3) Si cita google scholar, ma non si spiega come sarà usato, a differenza di ISI-Scopus.
Il puto 2 mi pare l’unica grave mancanza, infatti ISI/Scopus (sistemi commerciali) in alcune discpline non coprono adeguatamente l’insieme dei Journals, molti dei quali tuttavia offrono editorial board, frequenza e peer-review, e in generale standard di qualità equivalenti (ISI-like).
Riguardo il punto 3, se è vero che google scholar indicizza documenti che non sono”articoli su journals internazionali” e in certi casi anche documenti che non sono vere e proprie pubblicazioni, d’altro canto include importanti pubblicazioni che non compaiono nelle altre due banche dati.

Infine, riguardo la proposta del CUN, non posso non notare con rammarico, che per certi SSD pubblicazioni si riviste ISI sono poste sullo stesso piano di non meglio definite pubblicazioni ad alta diffusione o innovazione/diffusione del sapere, lasciando aperta la porta alla massima discrezionalità nella valutazione di candidati e commissari, in pieno stile “old-school”.

I criteri di valutazione proposti dall’ANVUR pertanto mi pare siano decisamente più adatti a garantire un giusto riconosciemnto del merito scientifico dei candidati (e dei commissari).

fido
fido
13 anni fa

A me sembra un’assoluta assurdità per diversi motivi:
a) dare la possibilità di entrare in una professione a chi è “migliore” del 50% delle persone già dentro non si è mai visto da nessuna parte. E’ come chiedere ad un aspirante avvocato di essere meglio del 50% degli avvocati attivi per poter esercitare la professione;

b) basare tutto il meccanismo sull’indice h o sulle citazioni totali senza analizzare il contributo personale del candidato è un nonsenso. Così si favoriscono grossi agglomerati e si puniscono i piccoli gruppi;

c) i ricercatori a tempo determinato vengono scelti in base a dei parametri differenti: A questi, dopo 6 anni, non si può chiedere di essere valutati in base ad altri parametri.

d) Un siffatto sistema, nei prossimi anni, scatenerà la “caccia all’h indice”: pubblicazioni con moltissimi autori, basta che questi poi si citino. Questo favorisce i gregari.

e) Non funzionano le scorciatoie all’italiana. Il valore dei candidati si vede solo verificando diversi aspetti della loro attività e non affidandosi ad un numero che nulla dice sul contributo dei singoli.

f) in nessuno dei Paesi dove so esistere l’abilitazione ci si basa alla cieca su degli indici.

Paola
Paola
13 anni fa

Fido,
ti rispondo soprattutto in merito al punto 1). Io trovo che sia geniale la trovata della mediana. Tu credi che il livello qualitativo della fascia a te superiore, ad esempio quella degli associati, sia alto? Invece per tutti i settori concorsuali il valore mediano è molto più basso di quello che ci aspettiamo. Perchè abbiamo eccellenze è vero (poche), ma abbiamo anche tantissime persone improduttive, la maggior parte. Quindi essendo la distribuzione asimmetrica il valore mediano è basso. A conferma di ciò dobbiamo renderci conto del paradosso della qualità scientifica in Italia che sta crescendo molto in fretta ma che partiva da molto lontano… il paradosso è questo: il valore mediano delle pubblicazioni degli ultimi 10 anni (criterio ANVUR) degli ordinari è tendenzialmente più basso del valore mediano degli associati che è tendenzialmente più basso di quello dei ricercatori.
Ecco perchè ci vuole la mediana, se vogliamo migliorare la qualità della ricerca in Italia. Con i criteri ANVUR attuali ti posso assicurare che per esempio nella classe dei ricercatori la maggior parte sarebbe idoneo a chiedere l’abilitazione. Forse si potrebbe addirittura pensare a criteri ancora più rigidi ma non vogliamo esagerare… questo sarebbe già un grosso successo per il paese Italia.
In merito agli altri punti hai in parte ragione, infatti l’ANVUR ha prodotto un secondo documento in cui risponde a parte di queste perplessità.
Ultima considerazione: i criteri del CUN (almeno per il mio settore) sono ridicoli. E statici. Sono criteri che potevano andare bene forse nel 1990. E’ evidente che la pressione politica di non voler nuocere al proprio elettorato ha fatto da padrona. Ecco un limite di un sistema elettivo (CUN) rispetto a uno nominativo (ANVUR).

Paola.