Due anni fa hanno partecipato a concorsi per posti da ricercatore a tempo indeterminato e oggi attendono ancora di essere integrati nell’organico dell’Università di Bari. Si tratta con la precisione di 31 “ricercatori fantasma”, così definiti perché anche se vincitori non sono di fatto assunti: “Siamo in un limbo”, spiegano i ragazzi. Alcuni di loro, ieri mattina, hanno manifestato proprio per esprimere in concomitanza con la riunione del Consiglio di Amministrazione il loro dissenso nei confronti di quella che ritengono una “situazione assurda“.
Per meglio capire la vicenda, occorre fare qualche passo indietro. L’anno precedente al concorso, che si è svolto nel 2010, una legge ha impedito che negli atenei cosiddetti “non virtuosi” ci fossero assunzioni. Era il periodo in cui c’era in carica ancora il ministro Gelmini. Il provvedimento ha colpito pure l’Università di Bari, dove di conseguenza i 31 “ricercatori fantasma” non sono potuti essere mai assunti, rimanendo in una situazione di standby. Eppure i soldi non sembrano essere mai mancati, “ci sono sempre stati – spiega Edoardo Renna, rappresentate della Flc Cgil – ma non si possono spendere”.
A rendere più complicato il tutto, contribuisce un altro fattore: i “ricercatori fantasma” dell’Università di Bari sono tutti vincitori di concorsi che sono stati finanziati dall’ateneo, grazie anche alla collaborazione del Miur. Proprio per questo motivo non possono essere assunti, perché, se da un lato il ministero dell’Università “non dà il via libera alla spesa degli atenei”, dall’altro “deve inserire delle quote proprie di cui ora non dispone”. Una situazione paradossale, che di fatto vede alcuni ragazzi non lavorare, pur avendone il diritto perché vincitori di concorsi.
In realtà, in virtù del decreto attuativo dello scorso 29 marzo, che ha rivisto i criteri di spesa previsti per gli atenei, l’università barese rientrerebbe adesso fra quelle virtuose e che possono spendere in assunzioni. Da qui, la richiesta degli aspiranti ricercatori al ministro Francesco Profumo di “accelerare le procedure che autorizzino l’Università di Bari ad assumerli”. “Troviamo comunque ingiusto – dice il rappresentante della Fcl Cgil, Edoardo Renna – che in Italia si facciano leggi per incentivare il ritorno dei cervelli dall’estero e non si assumano ricercatori che hanno vinto un regolare concorso”.
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