Dopo le proteste degli studenti inglesi andate avanti per mesi, ora è la volta dei professori. I docenti di Cambridge hanno affiancato i loro colleghi di Oxford nella battaglia contro la riforma dell’università approvata dal governo britannico, che prevede un notevole aumento delle tasse universitarie.
La petizione ha raccolto sino ad ora circa 150 insegnanti che hanno firmato un documento per richiedere ai due atenei tra i più prestigiosi al mondo, un “voto di sfiducia” al provvedimento di aumento delle rette voluto sia dai Liberali che dai Conservatori.
La proposta del ministro dell’università inglese David Willetts, prevede infatti oltre ai tagli sui sussidi per gli studenti, anche una riduzione dei budget destinati agli insegnanti, invadendo il potere di auto-regolamentazione degli atenei. Va sottolineato che, se la mozione incontrasse il favore e il supporto del consiglio delle università, nel mese prossimo, sarebbe la prima volta che un ateneo inglese da un voto di “no confidence” a un ministro.
Tale intervento del corpo docente che insegnò allo stesso Willets fa sembrare la battaglia contro la riforma dell’università alquanto differente da come lo è stata fino ad oggi. Mentre infatti la coalizione politica e gli stessi media potevano far passare l’immagine di studenti in protesta senza un adeguato bagaglio culturale per poter giudicare le decisioni, ora nessuno potrebbe dire che gli accademici di Oxford o di Cambridge non abbiano esperienza necessaria per criticare l’agenda di governo.
L’ultima volta che il “Parliament of Dons” dell’Università di Oxford si è intromesso nell’arena politica è stato nel 1985, contro un provvedimento che sanciva ampi tagli all’istruzione e una massiccia interferenza del governo nel campo della ricerca. La congregazione rifiutò di conferire a Margaret Thatcher una laurea ad honorem.