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Produzione scientifica, l’Italia tiene il passo nel ranking della Royal Society

da | Apr 2011 | News | 0 commenti

Potenze emergenti in ascesa, Stati Uniti saldi in testa alla top ten, mentre l’Italia per ora tiene il passo: è questo lo scenario che emerge dal report della britannica Royal Society intitolato “Knowledge, Networks and Nations”, pubblicato nelle ultime settimane. L’indagine valuta la produttività scientifica dei vari Paesi in termini di pubblicazioni, brevetti e investimenti in ricerca e sviluppo.

A fare la parte del leone sono ancora una volta gli Stati Uniti, che da soli generano il 21 per cento delle pubblicazioni mondiali, ma la vera novità è la crescita delle economie emergenti, prima fra tutte la Cina, che passa da una media del 3 per cento, tra il 1999 e il 2003, al 10 per cento della produzione scientifica mondiale nel quadriennio 2004-2008, piazzandosi al secondo posto dietro gli Usa. Nello stesso periodo fa il suo ingresso nella top ten l’India, che guadagna il 2 per cento delle pubblicazioni globali.

Quanto all’Italia, è certamente impossibile sfidare per numero colossi come gli Stati Uniti e la Cina degli ultimi anni, ma anche Regno Unito, Germania e Giappone doppiano la produzione scientifica del Belpaese. Tuttavia, un punto d’orgoglio l’accademia italiana può vantarlo: la ricerca della Royal Society sottolinea infatti come, di fronte alla crescita globale del numero di articoli, il nostro Paese abbia tenuto il passo mantenendo una stabile quota di pubblicazioni tra il 1996 e il 2008: in entrambi gli anni infatti i cervelli italiani hanno prodotto il 3,5 delle pubblicazioni mondiali, con fluttuazioni tra il 3 e il 4 per cento.

Per tenere stabile questa posizione, la produzione scientifica italiana è aumentata, in assoluto, del 32 per cento, bilanciando dunque l’aumento globale delle pubblicazioni. Un risultato che ci colloca comunque tra i primi 10 Paesi del mondo per produttività scientifica. Passando dal piano della produzione a quello degli investimenti, il vecchio continente segna il passo,

mentre sono le potenze emergenti (anche dal punto di vista scientifico) a mostrare il maggiore slancio economico nel settore, con la Cina che, dal 1999, mostra un incremento annuo del 20 per cento nella spesa in ricerca e sviluppo, fino ai 100 milioni di dollari attuali. Ma il Celeste Impero non è l’unico astro in ascesa nel firmamento della ricerca mondiale: investono e pubblicano sempre di più anche India, Corea del Sud, Brasile, così come Turchia, Iran, Tunisia, Quatar ed Emirati Arabi.

È proporzionalmente inferiore la crescita degli investimenti nei paesi del G8, alcuni dei quali – balzano agli occhi Francia e Regno Unito – invertono addirittura la rotta, abbassando la spesa complessiva in ricerca e sviluppo. Uno scenario in cui le vecchie guardie appaiono in sostanza “vivere di rendita” sulle posizioni guadagnate nel secolo scorso, inseguite dalle nuove economie che sembrano avanzare a velocità ben maggiore.

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