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Libia, a Bengasi è battaglia. Morti anche in altri Paesi

da | Mar 2011 | News | 0 commenti

L’annuncio di una tregua da parte di Gheddafi si è confermato un bluff. Le sue truppe sono entrate a Bengasi e i bombardamenti hanno ucciso almeno otto persone e ferito numerosi civili. Il dittatore libico protesta contro la risoluzione dell’Onu, minaccia gli Stati Uniti e respinge quelle che definisce “ingerenze” di Londra e Parigi.

L’assalto a Bengasi rischia di costituire un duro colpo per i ribelli, anche se a poche ore dai bombardamenti Abdallah Kamal, egiziano, professore all’Università Mansouri del Cairo, si è detto fiducioso che dall’Egitto arrivino armi e rifornimenti. Kamal insegna Ditritto umani nel suo ateneo ma si è unito agli insorti libici dopo aver combattuto nel suo Paese contro il regime di Mubarak.

Mentre in Libia si teme il peggio e si attendono gli sviluppi del vertice internazionale sulla Libia convocato a Parigi, anche in altri Paesi nordafricani e mediorientali le proteste contro il regime, spesso animate da universitari, fanno segnalare scontri e vittime. A Sanaa, nello Yemen sono 41 i morti a seguito delle contestazioni rivolte contro il presidente Ali Abdullah Saleh, che ha proclamato lo stato d’emergenza. Proprio davanti all’università della capitale yemenita, dove pochi giorni fa c’erano già stati scontri durissimi, l’esercito e miliziani in abiti civili hanno sparato sulla folla che protestava pacificamente per chiedere un cambio di regime.

In Iran il regime di Mahmoud Ahmadinejad ha sospeso dall’ateneo dove insegnava Mohammad Taqi Karroubi, figlio del leader riformista Mehdi Karroubi, impedendogli così di svolgere attività di qualunque genere presso l’Università Shahid Beheshti di Teheran. L’ordine del rettore dell’ateneo iraniano arriva dopo che una decina di giorni fa all’intellettuale era stato sequestrato il passaporto, proprio mentre partiva per il Regno Unito, dove avrebbe dovuto pubblicare un nuovo libro.

In Bahrein nei pressi della capitale Manama migliaia di persone hanno violato il coprifuoco per contestare il re e le truppe saudite considerate occupanti. Manifestanti dispersi anche a Damasco, in siria, dove un sit-in silenzioso contro il regime baatista e terminato con la polizia che ha disperso i manifestanti. Il re Abdallah, invece, ha scelto la via del dialogo e delle concessioni per evitare che la protesta aumenti anche in Arabia Saudita. annunciando ad esempio aumenti di stipendi per i dipendenti statali e un bonus di due mensilità.

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