Anche dalla Conferenza episcopale italiana è giunto il monito ad ascoltare le istanze dei giovani che protestano preoccupati per i tagli “a quello che considerano il più consistente cespite di spesa dello Stato destinato a loro” e per le ricadute della crisi sul loro futuro. Introducendo la seduta del consiglio permanente della Cei ad Ancona, il cardinale Angelo Bagnasco ha infatti parlato di “preoccupazioni reali e dubbi sinceri” in riferimento alla mobilitazione dei mesi scorsi contro la riforma dell’università.
Il capo della Cei ha invitato tutte le istituzioni a prestare ascolto alla contestazione giovanile aprendo con i suoi protagonisti una riflessione “non scontata”, con la consapevolezza che non si tratta “di un evento ripetitivo del passato”. Anche i vescovi italiani ritengono dunque che questo movimento studentesco abbia caratteristiche differenti da quelle degli anni passati, anche perché “diverso è il contesto storico” in cui siamo.
Ferma ovviamente la condanna delle violenze e degli atti di devastazione che si sono verificato il 14 dicembre nel centro della Capitale. Ma altrettanto netta l’esigenza manifestata da Bagnasco di dare forti segnali di attenzione e di risposta, perché – spiega in sostanza il cardinale – “deve essere apparsa incomprensibile” la decisione di colpire con pesanti tagli un settore, quello dell’università e della ricerca, decisamente strategico per il futuro dei giovani e del Paese.
Partendo dalla constatazione di un “evidente disagio morale” che si respira in questi giorni nel Paese – il riferimento è alle vicende dei presunti festini a sfondo sessuale del presidente del consiglio – l’arcivescovo di Genova ha ribadito che la collettività “guarda sgomenta gli attori della scena pubblica”. E proprio quest’aspettativa tradita nei confronti della politica acuisce le difficoltà causate dalla crisi economica, che “non è finita” e anche se si percepisce qualche segnale di ripresa “persistono varie situazioni impaludate“.
Un contesto, spiega il presidente della Cei davanti al parlamentino dei vescovi, che accentua l’insoddisfazione dei giovani. Ma è l’intero Paese, aggiunge, a dover essere consapevole che livelli di occupazione giovanile così bassi non rappresentano solo un problema dei giovani ma “un dramma per l’intera società”.