dibattito approvazione ddl riforma università
Sull’approvazione della
riforma dell’università si respira un clima denso di
tensione. Quello che nelle previsioni della ministra firmataria del ddl, Mariastella Gelmini, avrebbe dovuto essere un percorso senza troppi ostacoli, in realtà si è rivelato tutt’altro che semplice. Con lo
slittamento della discussione in Aula sul ddl di riforma dell’università al
14 ottobre l’iter si è ulteriormente complicato, perché rischia di finire in coda alla sessione di bilancio che inizia alla Camera proprio il giorno seguente e che durerà almeno un mese. Se a questo si aggiunge la crisi politica delle ultime settimane, si capisce come i tempi rischiano veramente di allungarsi più del previsto. Ma non è che la ciliegina sulla torta, la goccia che fa traboccare il vaso, in questo autunno dove sono più di
10mila i ricercatori che hanno dato la loro indisponibilità a svolgere attività didattiche mettendo spalle al muro gli atenei con il rinvio dell’anno accademico.
Tra lezioni rinviate a data da definirsi, iniziative di “
altra didattica” e assemblee in cui i ricercatori stanno spiegando agli studenti cos’è la riforma e i motivi della
protesta dei ricercatori italiani, il dibattito sull’approvazione del ddl di riforma dell’università si spacca nettamente in due.
Da una parte, il Governo e Confindustria stanno facendo di tutto affinché la riforma venga approvata nel più breve tempo possibile, perché vedono nella non immediata approvazione del ddl la possibilità di un blocco del ddl stesso. “Pensiamo che la riforma sia fondamentale, quindi chiediamo alla maggioranza, all’opposizione, al governo stesso di rimettere in discussione la riforma alla camera. Se non si facesse per noi sarebbe un atto grave” ha dichiarato Emma
Marcegaglia, presidente di Confindustria. “Mi auguro che vada in porto il prima possibile” ha detto la ministra
Gelmini sempre riferendosi al ddl. Sono stati gli stessi
rettori a paventare il rischio di una “rottamazione prematura della riforma”.
Dall’altra parte ci sono i
ricercatori che invece considerano positivo il rinvio della discussione, perché anche se la riforma dovesse avere ancora tempi lunghi prima dell’approvazione, significherebbe tenere conto delle esigenze di tutti, soprattutto di chi l’Università la vive. “Lo slittamento della discussione alla Camera è la prova che la mobilitazione paga” dicono, sottolineando come necessaria una pausa di riflessione sulla riforma e criticando fortemente la posizione dei rettori, che con le
dichiarazioni di Decleva si schierano ufficialmente dalla parte del Governo e di Confindustria, spiegano. Per questi motivi i
ricercatori indisponibili hanno fissato un’altra assemblea nazionale per l’
8 ottobre a Bologna per rilanciare la mobilitazione “che non deve fermarsi proprio ora”.
E poi l’opposizione che ha presentato al ddl un pacchetto pieno zeppo di
emendamenti “che riprende idee coraggiose di rinnovamento delle università e che riscrive profondamente il ddl Gelmini” ha spiegato la capogruppo Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela
Ghizzoni perché “con questa legge si rischia di perdere un’intera generazione di talenti che ha già pronte le valigie per andare all’estero dove verrebbe valutata solo per il proprio valore scientifico”.
Nonostante gli
studenti stiano pagando proprio in queste settimane il peso della crisi in corso, sono centinaia di loro che in tutta Italia hanno deciso di dare appoggio alla protesta dei ricercatori “perché non si tratta di una rivendicazione di categoria ma del destino di tutta l’Università pubblica”, quindi degli studenti stessi. L’Unione degli Studenti e il Coordinamento universitario Link stanno organizzando in tutta Italia
assemblee nelle facoltà, com’è successo in questi giorni nelle facoltà delle università romane, ma non solo. Il
14 ottobre saranno in tanti a partecipare al
presidio a Montecitorio in concomitanza con la discussione sul ddl alla Camera.