L’abolizione del test di Medicina in favore dell’adozione di un sistema simile a quello francese non sarebbe priva di rischi. A sostenerlo è un articolo pubblicato su Lavoce.info e rilanciato da Il Fatto quotidiano, che elenca tutti i (presunti) difetti del progetto annunciato l’estate scorsa dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. La proposta del ministro ha già suscitato polemiche, raccogliendo critiche da parte dei rettori e perfino dai giovani medici specializzandi, ma ha anche acceso le speranze di moltissimi giovani.
Il rischio più ovvio connesso con l’abolizione del test di Medicina sarebbe quello di non riuscire a contenere nelle strutture presenti l’eccesso di studenti che si iscriverebbero al primo anno, cosa che manderebbe in tilt gli atenei. Inoltre, il surplus di immatricolati – sostengono Giacomo Calzolari, Enrico Cantoni e Andrea Ichino, gli autori dell’articolo – andrebbe a ripercuotersi anche sulla qualità della didattica, che peggiorerebbe drasticamente.
E, secondo gli autori dell’articolo, l’abolizione del test di Medicina non garantirebbe nemmeno una maggiore equità. Tra i rischi elencati c’è, infatti, anche quello che la selezione, che dovrebbe avvenire alla fine del primo anno, si basi su criteri per nulla uniformi tra le varie sedi universitarie. Un’altra fonte di iniquità potrebbe venire dalle differenze di livello tra gli studenti delle varie università: “supponiamo ad esempio che l’ateneo A attragga studenti migliori di quelli attratti dall’ateneo B. Potrebbe allora accadere – scrivono Calzolari, Cantoni e Ichino – che restino esclusi studenti bravi, ma non abbastanza per essere ammessi in A, pur essendo comunque migliori degli ammessi nell’ateneo B”.
Per superare questi rischi, occorrerebbe “alla fine del primo anno, un test standardizzato nazionale che soffrirebbe sostanzialmente degli stessi problemi di quello attuale, senza particolari benefici”, in questo modo, sottolineano gli autori, “il primo anno di studi in Medicina diventerebbe a tutti gli effetti un inutile sesto anno di liceo con scarsi vantaggi”.
Se esistono rischi connessi all’abolizione del test di Medicina, gli autori dell’articolo suggeriscono anche come riformare il sistema riuscendo comunque a evitarli. La prima misura da adottare sarebbe una revisione dei programmi e degli ordinamenti della scuola superiore, che consentisse agli studenti di scegliere itinerari formativi personalizzati, optando per le materie di maggior interesse. In questo modo, la selezione per gli studi universitari inizierebbe già alle superiori.
E la scrematura dovrebbe proseguire con l’esame di maturità, che dovrebbe essere sostituito da un test “standardizzato nazionale diverso per ciascuna materia e unico per tutti gli studenti che desiderino sostenerlo in quella specifica materia, indipendentemente dagli studi fatti. […] Gli esami dovrebbero misurare, ad esempio su una scala da 1 a 100, il livello di conoscenze e di capacità di ciascuno studente nelle materie da lui/lei scelte, oltre a quelle obbligatorie”. Ciascun ateneo dovrebbe stabilire quali sono le discipline nelle quali lo studente dovrebbe sostenere l’esame per poter accedere a un determinato percorso di studi e anche fissare il punteggio minimo per l’ammissione.
In definitiva, per schivare i rischi dell’abolizione del test di Medicina – suggeriscono Calzolari, Cantoni e Ichino – bisognerebbe guardare più che al modello francese, a quello di paesi come Regno Unito, Spagna, Usa, Israele e molti altri, che già adottano procedure del tutto simili a quelle proposte nell’articolo.