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Reclutamento docenti: concorsi addio

da | Mar 2009 | News | 6 commenti

Sembra proprio che la parola concorso, dovrà essere eliminata dal vocabolario dell’aspirante docente universitario.

La proposta della nuova riforma strutturale della governance degli atenei e del reclutamento del corpo docente, contenuta nel documento del Ministro Gelmini prevede infatti l’abolizione dei concorsi per il reclutamento dei docenti.

Invece del concorso, i futuri docenti dovranno sostenere un’abilitazione nazionale all’insegnamento tramite un sistema di valutazione operato da un “organo nuovo e terzo”, con successiva “chiamata diretta” degli abilitati da parte delle università interessate.

Sarà necessario “introdurre elementi di competizione meritocratica, di mobilità nazionale e internazionale, di trasparenza nel reclutamento”, spiega il documento della Gelmini, “evitando la rigidità di un meccanismo troppo centralistico”, come i concorsi. Ma è necessario, comunque, tornare ad un “filtro” come quello previsto dalla legge 230 del 2005 dell’ex ministro Moratti”.

La riforma del reclutamento si propone infatti di “eliminare consociativismo e sovrapposizione delle competenze e valorizzare in chiave meritocratica la qualità della didattica e della ricerca”, attraverso un'”abilitazione scientifica nazionale di durata quinquennale a numero aperto” conseguita sulla base di un “rigoroso giudizio scientifico espresso dalla comunità degli studiosi”, condizione “necessaria ma non sufficiente per insegnare”.

Per l’abilitazione all’insegnamento saranno previsti severi criteri di selezione per arginare i “furbi”. A quel punto, sarà compito degli atenei assumere e promuovere i docenti in base alle abilitazioni conseguite, aggiungendo al principio di autonomia quello di responsabilità.

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Lisa Roscioni
Lisa Roscioni
15 anni fa

Volevo segnalare che, al contrario di quanto affermato nel vostro articolo di disegno di legge quadro in materia di organizzazione dell’ordinamento universitario, non ha affatto eliminato i concorsi locali. Così recita l’articolo 5.1 comma C: “L’accesso ai ruoli di professore ordinario, professore associato e ricercatore universitario avviene attraverso procedure di selezione pubblica e valutazione comparativa dei candidati, bandite dalle singole università, e per l’accesso ai ruoli di professore ordinario o associato, riservate agli studiosi in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale; previsione che le procedure prevedano una lezione pubblica dei candidati”
Tali modalità non si applicano (articolo 5.1.comma d) “ai professori e ai ricercatori appartenenti all’università banditrice”.

Luigi
Luigi
15 anni fa

Si devono far scorrere le graduatorie dei concorsi interni del personale tecnico-amministrativo risultai idonei e non vincitori, progressioni verticali emanato con D.R n. 1941 del 14/7/2008.

maurizia
maurizia
15 anni fa

In Spagna per poter accedere alla professione di insegnante delle scuole secondarie è necessario essere in possesso: (i) del titolo di laurea e (ii) del CAP o per esteso: Certificado de Aptitud Pedagocica. Il certificato ora detto viene rilasciato a seguito della frequenza di un corso di 3 mesi presso una delle varie Università spagnole abilitate.

E’ vero che tale abilitazione può essere utilizzata anche in Italia?

Campanella Salvatore
Campanella Salvatore
15 anni fa

La mia opinione sulla riforma universitaria
L’Università è il luogo dove circolano le idee innovative più avanzate, dove si forma la cultura ed è perciò un organismo autoreferenziale, anzi dovrebbe essere l’unico organismo autoreferenziale in quanto luogo dove si decide l’istruzione e la formazione che concorrendo a determinare nell’uomo i bisogni e le capacità per costruire i beni necessari a soddisfarli regola il progresso delle umane genti.
Ne consegue che ogni sistema innovativo, pur necessario, deve in ogni caso tener conto di ciò e, quindi, favorire coloro che desiderano con competenza e capacità dedicarsi allo studio per la ricerca di una possibile soluzione ai problemi che attanagliano l’Umanità.
Troppo si insiste nelle qualifiche ( Prof.orinario, associato, ricercatore) alle quali risultano ancor oggi legati gli stipendi ( peraltro troppo bassi), poco, invece, si parla dei risultati, di ciò che le persone, indipendentemente dal grado, sanno o vogliono raggiungere, ed a cui, invece, dovrebbero essere legati stipendi ed incentivi.
Si resta troppo attenti ai formalismi ( commissioni, concorsi, carriere), poco alle capacità, tizio sa fare questo e quello, caio niente; tizio ha fatto questo e quello, caia niente.
Dare opportunià, queste sì scelte dal mondo esterno a quello accademico, sotto forma di problemi irrosolvinili o da lungo tempo irrisolti ed avvertiti come pressanti bisogni per la gente e richiedere soluzioni concrete e praticabili in maniera nominativa, questa sì che sarebbe una rivoluzione auspicabile,
L’Università deve restare AUTOREFERENZIALE, anzi l’Unico organismo AUTOREFERENZIALE, in quanto la cultura che in essa si forma e da essa si progaga costituisce la ragione della nostra umanizzazione il riconoscimento del nostro spirito.

Campanella Salvatore
Campanella Salvatore
15 anni fa

La mia opinione sulla riforma universitaria ( continua del 16 luglio 2009)
L’Università è il tempio della cultura, della conoscenza, mai definitiva, il luogo in cui è custodito il pensiero umano così come esso si è formato nei secoli ma anche il luogo dove fermentano le idee destinate a progettare il futuro dell’uomo e dell’intera umanità intesa, questa, come unità dei distinti.
Coloro che hanno il privilegio di aver ottenuto titoli accademici hanno l’onere di rappresentare l’identità universitaria appena descritta e sono ( o dovrebbero essere) quelli che più di altri sono riusciti a darsi una configurazione del mondo capace di migliorare le sorti delle generazioni future.
Chi decide di esercitare la propria mente nella risoluzione di problemi ancora insoluti spesso lo fa prescindendo dalle possibili applicazioni delle proprie teorie pure, talvolta, strabilianti; egli è proteso a far progredire la conoscenza, ad immaginare schemi che possano spiegare ciò che non ancora è stato spiegato e, spesso, non attribuisce una eccessiva importanza al pur necessario insegnamento che serve a diffondere non a formare cultura.
Una persona del genere mal si adatta a schemi, così come essi sono concepiti per un normale tipo di lavoro; Egli, creatore di schemi vuole essere libero e libertà va a loro conferita.
Questo non significa però che il loro lavoro non va in qualche maniera controllato ma mai regolamentato.
Occorre conferire maggiore fiducia e libertà ai giovani, saranno loro a decidere dell’italia di domani.

claudio bruzzese
claudio bruzzese
15 anni fa

“Per l’abilitazione all’insegnamento saranno previsti severi criteri di selezione per arginare i “furbi”. A quel punto, sarà compito degli atenei assumere e promuovere i docenti in base alle abilitazioni conseguite, aggiungendo al principio di autonomia quello di responsabilità.”
Conoscendo l’italico sistema universitario dall’interno, posso prevedere che:
1) l’abilitazione nazionale avra’ piu’ o meno il valore di un esame di patente di guida, dal momento che si limiteranno a contare le pubblicazioni (anche le lettere mandate a babbo natale pubblicate sull’albo parrocchiale).
2) soprattutto il principio di responsabilita’ degli atenei (ovvero dei singoli dipartimenti che poi effettueranno praticamente la “chiamata”) mi spaventa. Ma quale responsabilita’? I baroni faranno man bassa!!!